I. 2 - Storia di Jean : Basilea, Parigi e gli « Ecus de Bâle »

Jean Vaugris, il maggiore dei quattro fratelli, doveva essere nato intorno al 1480. Sembra abbia abitato a Lione fino al 1523, sebbene non risulti mai iscritto negli elenchi dei contribuenti della città, e, nonostante venga qualificato come stampatore, all’ora attuale non si conosce nessuna edizione che rechi il suo nome. Dovette invece diventare ben presto socio di Jean Schlaber - che chiama nelle sue lettere con l’appellativo di zio quanto con quello di cugino – nella cui bottega lionese aveva esordito in qualità di rappresentante27. Piuttosto che alla stampa o all’edizione, sembra infatti dedito esclusivamente al commercio librario : costantemente in viaggio, frequentava alternativamente le fiere di Lione e di Francoforte, Ginevra, Parigi e Strasburgo, dove doveva possedere anche dei depositi e, secondo le abitudini dei librai “nomadi” di quest’epoca, ricopriva il ruolo di rappresentante di fiducia per colleghi che avevano rapporti commerciali nelle varie città in cui si recava.

Sulla base della sua corrispondenza lo si direbbe un uomo modesto ma molto indaffarato e con vistose difficoltà in campo ortografico. Nelle sue lettere a Bonifacio Amerbach, allora giovane studente ad Avignone, per il quale faceva da tramite per la corrispondenza e i soldi speditigli dalla famiglia a Basilea28, il tono é assai umile, tanto nel cercare di soddisfare la passione “collezionistica” di Bonifacio per le aldine:

‘“J’ai des Aldes à Basle. Je les apporterai ici à la foyre de Toussainct. Si vous en voulez, prevenez-moi à temps. Ils coutent reliés à Basme 5 florins en or”29.’

che nel prendersi la briga di ottenere un testo tedesco di Lutero per un amico lionese che evidentemente non masticava il latino30.

Sono infatti gl’anni in cui la Francia veniva a contatto con gli scritti di Lutero: il carattere internazionale del commercio editoriale permette agevolmente d’immaginare come essi vi potessero trovare diffusione: i librai itineranti, quale appunto lo stesso Jean, parigini e lionesi, incontravano alle fiere, tanto a quelle di Francoforte quanto a Lione, i loro colleghi di Wittember e di Lipsia, ed era normale che si rifornissero delle novità che stavano sollevando tanta curiosità in Germania. Molto presto, d’altronde, alcuni stampatori e librai stranieri, cominciarono ad immettere sul mercato francese delle edizioni concepite intenzionalmente a questo scopo. Froben, in particolare, comunica in una sua lettera indirizzata allo stesso Lutero il 14 febbraio del 1519, che aveva fatto ristampare alcune delle sue opere e ne aveva fatte spedire 600 copie in Francia, altre ancora in Inghilterra, in Spagna, in Italia e in Brabante31

Ma Jean sembra aver avuto nei confronti della Riforma un interesse ben più intimo che quello dettato da ragioni puramente comerciali: il nuovo verbo sembra averlo sinceramente conquistato, tanto da mettere a disposizione il proprio mestiere per diffonderne la dottrina.

In una lettera del 22 novembre 1520, Jean scriveva infatti a Amerbach :

‘“Si vous avez le Luther allemand, envoyez-le moi à Lyon, car il y a de bons compagnons qui veulent le lire.”32

Era un’epoca in cui, all’interno del panorama del commercio librario europeo in piena espansione, buona parte del traffico dei libri mal sentant avveniva più o meno ufficialmente e su larga scala, e i librai e gli stampatori francesi vi giocano un ruolo molto attivo. Molti di loro, soprattutto a Lione, erano favorevoli alle nuove idee e sono numerosi quelli che passarono inequivocabilmente dalla parte della Riforma. In rapporti d’affari costanti con i loro colleghi stranieri, essi favorirono spesso l’introduzione dei libri proibiti in Francia, correndo spesso contemporaneamente il rischio di stampare opere pericolose; molti di loro, poi, intrattenevano con i Riformatori esiliati veri e propri rapporti d’amicizia, facendogli favori di ogni genere, fungendo talvolta da banchieri, più spesso ancora da informatori, da agenti e da tramite per la corrispondenza. Tutto ciò avveniva senza troppi rischi, dal momento che tutti gli appartenenti a questa attivissima rete commerciale sapevano prendere le loro precauzioni e assicurarsi le protezioni necessarie, d’altro canto poi il ruolo preventivo e repressivo della polizia era inesistente, le procedure complicate e lo stesso Francesco I, raramente incline ad infliggere punizioni di alcuna sorta, essendovi a corte una potente corrente favorevole ai nuovi fermenti.

A questo proposito, e per comprendere un po’ meglio i primi contatti che Vincent poté avere con il mondo della stampa tramite le carriere dei suoi fratelli - e quella di Jean in particolare – ci é sembrato interessante seguire (nonostante la complessità delle relazioni e degli spostamenti, che spesso rischia di confondere le idee, anziché chiarirle) l’attività di un gruppo di librai, tutti parenti o assocati e in stretto accordo tra loro – e all’interno del quale Jean ebbe un ruolo tutt’altro che secondario - che, durante tutta la Riforma, tenevano bottega a Parigi e a Lione, all’insegna de l’Écu de Bâle, rappresentando in Francia gli interessi dei librai tedeschi33.

Agl’inizi del secolo Basilea, popolata da circa 10.000, forse 12.000 abitanti, é membro di diritto della Confederazione elvetica34. La linea di demarcazione che, durante gli anni ’20, separa in maniera sempre più netta i simpatizzanti e gli oppositori della Riforma non si estende alle relazioni internazionali: nel maggio 1521, la città firma, insieme a tutti i cantoni svizzeri ad eccezione di Zurigo, un’alleanza con la Francia, suggellata da un generoso invio di mercenari, in cambio di un’altrettanto generosa fornitura d’oro. Nonostante siano numerosi gli oppositori, a titolo morale o politico, di quest’alleanza, e le élites stesse siano divise, almeno fino alla metà degl’anni sessanta del secolo la politica della città sarà caratterizzata da un susseguirsi di decisioni finalizzate a mantenere l’equilibrio fra le parti, e soprattutto il benessere economico e la prosperità dei suoi cittadini, evitando dunque qualsiasi netta presa di posizione. Uno spirito “erasmiano” vi predomina ben prima che Erasmo vi si stabilisca nel 1521, e continuerà a regnarvi a lungo anche dopo la sua morte, nel 1536.

Fin dalla metà del Quattrocento, inoltre, Basilea é una vivace città universitaria: l’università vi era stata creata proprio nell’intenzione di attirarvi studenti e professori provenienti tanto dalle regioni limitrofe che dalle contrade più lontane. Nel Cinquecento, la reputazione internazionale del suo ateneo conobbe il suo livello più alto, risultato che non avrebbe mai potuto conseguire se la città non avesse liberamente aperto le sue porte agli stranieri.

Il mondo della stampa, logicamente, si basava su questa massiccia presenza di professori e studenti, ivi compresi dei numerosi residenti stranieri che si facevano registrare all’università per periodi più o meno lunghi di tempo, senza alcuna intenzione di conseguirvi un diploma35. Le tipografie contavano sugli stranieri per diffondere le loro edizioni sul mercato internazionale, e stranieri erano spesso gli stessi stampatori: Cratander di Strasburgo, Valentin Curio alsaziano, le dinastie dei Froben e dei Petri provenivano dalla Franconia, Perna da Lucca. Gli stranieri sono ugualmente numerosi tra la manodopera impiegata dagli stampatori: francofoni, e in minor proporzione, italiani, fiamminghi e inglesi – di cui numerosi sono dei rifugiati religionis causa, lavoravano al fianco dei germanofoni, soprattutto in qualità di correttori36.

Il clima culturale era dunque in pieno rigoglio: vi fiorivano gli studi umanistici, vi fervevano quelli storici, giuridici e teologici e le lingue antiche godevano di entusiastico interesse37 : Johannes Amerbach, uno dei primi stampatori umanisti, aveva pubblicato in collaborazione con Reuchlin, Beatus Rhenanus ed Erasmo le edizioni di Sant’Ambrogio, Sant’Agostino e San Gerolamo38. Johan Froben, l’editore che riuscì a legare alla sua marca Erasmo, che anche grazie ad essa riuscì ad esercitare la sua immensa influenza nel campo dell’editoria religiosa, vi diffuse l’impiego del carattere romano, creò un corsivo ispirato all’aldino e dei nuovi caratteri greci39. La maggior parte delle 100-120 edizioni che i torchi basileesi producevano ogni anno era in latino e destinata ad un mercato piuttosto erudito che popolare: sono senza dubbio le esigenze del mercato internazionale che offrono la migliore spiegazione di tale orientamento. Ma la reputazione internazionale del libro basileese si spiega anche e soprattutto sulla base dell’altissimo livello qualitativo del materiale tipografico, e in particolare dell’illustrazione e dell’ornamentazione – marche sempre più complesse, iniziali figurate e sontuosi inquadramenti - che possono vantare come autori, nomi quali Urs Graf, Hans Holbein e suo fratello Ambrosius, Hans Herbster, il padre di Oporinus, futuro editore della Fabrica vesaliana, e Conrad Schnitt.

Attirati dall’attività di queste officine, dalla fama dell’università e dal prestigio di di Erasmo, numerosi furono, come si é detto, i francesi che vi vennero a cercare une plus grande liberté de pensée, d’expression et même d’impression 40 : incontrando la disponibilità degli stampatori locali che intravvedevano ottime possibilità di guadagno sulla piazza francese, questi rifugiati incoraggiarono la pubblicazione di opere di propaganda e crearono una valida rete d’infiltrazione di queste ultime nella loro madrepatria, facendo di Basilea una vera e propria fucina dell’editoria francofona riformata 41 .

Tutto dunque, si giocava sul commercio internazionale.

Fin dal Medioevo, e ben prima che l’apertura del passo del San Gottardo portasse un’ulteriore espansione mercantile all’ansa del Reno, le merci giunte per via fluviale dalle Fiandre e dalla Renania venivano scaricate a Basilea da dove continuavano il loro viaggio attraverso la Borgogna o Ginevra verso Lione e il Mediterraneo42. Il medesimo itinerario, chiaramente, veniva percorso nella direzione opposta, e a partire dal XV secolo le famose fiere di Lione e Francoforte emersero come punti focali delle rotte commerciali contemporanee43. Tra i mercanti di ogni genere che calcavano queste rotte, i librai erano tra i più numerosi, e ben prima che i loro prodotti li seguissero nelle quantità previste da quello che era divenuto in pochi anni un commercio su larga scala. Dal momento che le comunicazioni erano lente, gli affari imponevano lunghe assenze lontano da casa e la competizione era spesso feroce, di conseguenza era naturale che i parenti lavorassero insieme e che uomini che si conoscevano e che si fidavano l’un l’altro fin da bambini suggellassero poi la loro associazione tramite legami matrimoniali. Solo verso la metà del Cinquecento, quando le fiere e in particolare quelle di Francoforte, potevano offrire le necessarie facilitazioni e garanzie affidabili per la riscossione dei crediti, la partecipazione delle città tedesche, e di Basilea in particolare, al commercio internazionale del libro cessò di essere caratterizzato da questa forte componente di solidarietà familiare, ma era stato propria questo aspetto a stabilire la reputazione dei librai basileesi in Francia.

Fino almeno al quarto decennio del secolo, dunque, le due filiali, parigina e lionese, dell’Écu de Bâle, furono il centro di un’organizzazione commerciale estremamente agile volta alla diffusione della produzione basileese in Francia.

Nelle vicende dei due Écus, lo zio/cugino dei Vaugris, Johan Schlaber, giocò un ruolo di primo piano, in qualità di fondatore dell’impresa e di attivo importatore in Francia di libri riformati stampati in gran parte a Basilea. Originario di Bottwar, nella regione della Souabe, Schlaber risulta iscritto all’università di Basilea per l’anno accademico 1473-74. Non si sa esattamente quando e perché abbia deciso di trasferirsi a Lione, ma é probabile che vi si fosse recato non appena cominciata la sua carriera nel commercio editoriale.

Lo si ritrova dunque nella città francese nel 1483, insieme al suo compatriota, lo stampatore Mathias Huss, di cui sembra essere stato il finanziatore44. Sia detto di passaggio: nel 1478, Huss utilizza due legni impiegati due anni prima in un’edizione illustrata stampata a Basilea, ma in realtà comparsi per la prima volta a Colonia nel 1474 : si tratta del primo del primo libro illustrato francese, le Mirouer de la Rédemption de l’humain lignaige 45.

Nel 1485 Schlaber si mette in proprio, ma più che stampatore – cosa che non fu mai - o editore – ruolo secondario nella sua carriera – fu attivo soprattutto come rivenditore e frequentatore delle fiere, assumendo ben presto il ruolo di principale rappresentante a Lione dei librai di Basilea, città di cui ottiene il titolo di borghese nel 1494. Nello stesso anno viene accolto nella Compagnia dello Zafferano, la corporazione dei merciai46. Ciononostante, la sua vita fu un viaggio continuo: Lione rimase il quartier generale dei suoi affari almeno fino al 1504 circa, quando, chiaramente desideroso di estendere i propri affari e, dopo aver pensato ad un certo momento di trasferirsi a Nantes, sicuramente al fine di assicurare agl’editori lionesi e basileesi uno sbocco verso la Spagna, scelse invece Parigi, dove lo si ritrova associato a Kerver e Petit nella pubblicazione di una monumentale collezione canonica.

La libreria che aprì in rue Saint-Jacques, nel cuore del commercio editoriale parigino, sembra aver ben presto surclassato in importanza e volume d’affari quella che ancora manteneva aperta a Lione. L’insegna della bottega parigina ostentava ora l’Ecu de Bâle - scutum Basiliense; lo stesso nome apparve, di conseguenza, al di sopra della soglia del punto-vendita lionese e persino sulle legature di pelle di alcuni dei più cari libri in vendita sugli scaffali. Sebbene i viaggi di Schleber continuino, negl’anni seguenti la maggior parte delle testimonianze registra la sua presenza nella capitale francese : fin dal 1515, comunque, ha trovato in Conrad Resch, un suo nipote, un socio fisso nella gestione della libreria di rue Saint-Jacques, lasciandolo libero di recarsi a Basilea e a Lione con maggiore frequenza e per periodi più lunghi.

E’ proprio in questi anni, infatti, che s’intensificano notevolmente i suoi rapporti con i più importanti stampatori basileesi : Johan Amerbach e Johan Froben, forse suo lontano parente, che di Amerbach, prima di divenire il successore, é socio fin dal 1502. La morte del suocero di Froben, Wolfgang Lachner, nel 1518, provocò seri problemi finanziari all’impresa, e si può supporre che Schlaber aiutasse finanziariamente l’amico, nonostante non ci sia prova di un rapporto di associazione permanente o regolare. Comunque sia, in quello stesso anno, i rapporti tra i due si fecero ancora più stretti, grazie soprattutto al matrimonio tra la figlia di Schlaber, Anna, e Bruno Amerbach, cognato di Froben.

La coppia visse a Basilea, ma quando Schlaber vi ci si trasferì definitivamente, entrambe erano già morti, falciati dalla peste del 1519. Nel 1521 o l’anno seguente, Schlaber comprò la casa che era stata di Lachner “zum roten Ring”, al Fischmarkt, diventando così il proprietario della più importante libreria della città, che il precedente proprietario aveva gestito separatamente dalla sua partecipazione all’attività editoriale del genero.

Le cause che spinsero Schlaber a lasciare Parigi per Basilea potrebbero essere state legate a motivi personali e non si possono che avanzare supposizioni. Come si é detto, il commercio fra la Francia e i cantoni svizzeri era stato definitivamente favorito dal trattato che i due paesi avevano stipulato nel 1521, e, all’epoca, sia Parigi che Lione non erano certamente luoghi pericolosi per chi fosse personalmente attratto dai fermenti della Riforma luterana, come sembra fosse il caso di tutti coloro che erano implicati nelle attività degli Écus.

Ma Schlaber era senza dubbio un uomo lungimirante e previdente : la condanna degli scritti di Lutero da parte della Sorbona, pronunciata il 15 aprile 1521, coincideva con straordinarie opportunità commerciali per l’industria editoriale di Basilea, dove la proliferazione di Lutheriana e di altra letteratura evangelica era tacitamente tollerata e dove gli scambi commerciali con il confinante regno francese erano ormai assicurati e enormemente favoriti dalla recente alleanza politica. Schlaber poi, dev’essersi reso conto ben presto che la posizione geografica della città, il liberalismo economico e confessionale garantito dal suo governo, le basse tasse d’esportazione e il conveniente prezzo della carta coincidevano con l’attrattiva intellettuale e le tendenze evangeliche a creare feconde prospettive di mercato in Francia, che da quel momento in poi sfruttò al meglio, grazie alla sua preziosa ed estessisima rete di relazioni, residendo nel cuore stesso della produzione.

Fino alla sua morte, avvenuta nel 1540, Schlaber tenne aperta la sua libreria, che in quegl’anni divenne un punto di riferimento del fiorente umanesimo della città svizzera, e continuò imperterrito a selezionare libri prodotti tanto a Basilea quanto altrove da esportare in Francia. Sulle sue simpatie religiose vi sono pochi dubbi : se la sua bottega, insieme a quella di Cratander, fu denunciata da Erasmo nel 1524 come rivendita degli scritti protestanti anonimi delle tendenze più radicali, negli anni successivi vi si poteva acquistare il Nuovo Testamento in francese di Lefèvre d’Etaples stampato a Basilea grazie anche al suo personale coinvolgimento47.

Una volta stabilitosi definitivamente a Basilea a gestire il suo negozio e a godersi la sua confortevole magione, la partecipazione di Schlaber agli affari delle botteghe all’insegna degli Ecus de Bâle a Lione e a Parigi può solo restare materia di congetture: sembra piuttosto che le due agenzie abbiano continuato la loro attività sotto gestioni indipendenti, sebbene specifici affari potessero essere condotti in associazioni ad hoc e l’antico proprietario non avesse smesso di dispensare i propri consigli ai nuovi responsabili delle due botteghe che erano – o divennero – membri della sua famiglia.

Abbiamo visto come Conrad Resch fosse già impegnato nella conduzione della filiale di rue Saint-Jacques fino dal 1515: nativo anch’egli di Kirchheim sul Neckar, vicino a Bottwar, Resch doveva essersi inserito nell’industria tipografica baseileese ben prima del suo arrivo a Parigi, e ancora una volta grazie ai suoi legami familiari: sua madre era infatti la sorella di Johan Schlaber. Nel 1508/9 Conrad é rappresentante di Wolfagang Lachner a Parigi e a Lione, attestato stabilmente a Parigi dal 1515, già tre anni dopo ottiene la naturalizzazione e nel 1523 appare come libraire juré en l’Université de Paris.

Come suo zio e i suoi affiliati, anche lui fu devoto alla Riforma e seguì allora da molto vicino le controversie religiose, facendo lavorare degli stampatori che anch’essi vi s’interessano, come Josse Bade, Pierre Vidoue et Simon Dubois. Proprio da questi ultimi due, fece stampare, utilizzando materiale tipografico proveniente da Basilea, una serie di trattati di polemica religiosa e la prima traduzione francese di Lutero. Ancora nel 1523, incaricò Pierre Vidou di stampare i Paragraphes di Erasmo sulle Epistole canoniche, pubblicazione che sembra avergli provocato l’ostilità dell’università. Sono proprio gl’anni, questi ’20 del secolo, in cui si constata la presenza di due punti di irradiazione simultanei per la produzione del libro riformato francese – Parigi e Basilea – e Resch come contatto comune fra i due. L’ambiente intellettuale é ancora quello in cui le opere di Lutero e quelle di Erasmo sono ugualmente apprezzate, e spesso stampate una accanto all’altra: nel 1524-25 Resch fa stampare a Basilea il Pater Noster del tonante riformatore Guillaume Farel, il pioniere della Riforma in francese, che incorporava un commento di Lutero sul Credo, delle traduzioni di Erasmo ad opera di Claude Chansonnette e un Nouveau Testament copiato su un esemplare parigino che Reusch stesso doveva aver portato nella città svizzera, come invece, in senso inverso, doveva aver fatto con una copia del Pater Noster, portato da Basilea a Parigi per farlo ristampare dai torchi di Simon de Colines, stampatore e sostenitore, insieme al suo collega Simon Du Bois, del “gruppo di Meaux”, il primo circolo attivo francese impegnato nella riforma della Chiesa, di cui facevano parte, tra gl’altri, lo stesso Farel e Lefèvre d’Etaples, autore della traduzione francese del Nuovo Testamento che, come vedremo, sarà anch’essa stampata a Basilea per essere diffusa sul mercato francese48. A cavallo fra i due stessi anni, Resch non riuscì ad ottenere il privilegio per ristampare a Parigi l’edizione della Paraphrasis in Evangelium Lucae di Erasmo, e, prevedendo la dura opposizione della Sorbona, nella persona di Noël Beda, abbandonò il progetto. Ciò avveniva dopo la battaglia di Pavia, quando Francesco I era prigioniero spagnolo e Berquin e Lefèvre d’Etaples, entrambi assidui frequentatori dell’Ecu de Bâle della rue Saint Jacques, furono rispettivamente arrestati ed esiliati. Un anno dopo, Resch finisce nei guai per un’iniziativa di senso opposto, ovvero l’acquisto del singolo lotto più numeroso delle Annotationes di Beda contro Lefèvre ed Erasmo, stampate da Josse Bade: a quell’epoca Francesco I era ritornato a capo del suo regno e, su preghiera di Erasmo, intimò di distruggere gli esemplari di tale edizione. Un simile volta-faccia era certamnte caratteristico della situazione religiosa francese di quei giorni, che diventa necessario seguire quasi di mese in mese, per non dire di giorno in giorno, e potrebbe aver influenzato la decisione di Resch i trasferire il quartier generale delle sue operazioni da Parigi a Basilea49.

Nel 1526, dunque, molto probabilmente per essere più libero nelle sue azioni, Conrad Resch, imitando Schlaber, si trasferì nella città svizzera, dove anche lui aveva ottenuto la cittadinanza e l’ammissione alla compagnia dello Zafferano fin dal 152250. Come suo zio, continuò ad occuparsi di commercio librario frequentando le fiere e continuò a mantenere degli interessi in Francia, svolgendo il ruolo di discreto e potente finanziere internazionale, trasferendo somme anche ingenti di denaro fuori e dentro il paese. Probabilmente dotato di un certo livello culturale, Resch godette di un certo prestigio a Basilea, continuando a frequentare i più influenti circoli culturali parigini. Intrattenne relazioni costanti con Farel e Calvino - tanto che, nel 1538, Louis de Tillet, a Parigi, offrì a quest’ultimo, allora a Basilea, di fargli pervenire dei finanziamenti per suo tramite – ma é anche ricordato da Thomas Platter, ebbe come ospite Sebastian Franck e aiutò Servetus a trovare un editore per il suo De Trinitatis erroribus.

Dopo la morte di Johan Schlaber fu lui a rilevare la libreria al Fischmarkt, incrementando la sua già per altro notevole reputazione, e lasciando alla sua vedova, non prima del 1552 , un’attività in pieno rigoglio, che ella gestì a sua volta con successo fino alla morte, nel 156951.

Prima di continuare a seguire le vicende degli Ecus e lasciare in secondo piano Conrad Resch, non sarà poi inutile osservare che se i librai parigini e i loro clienti rivolgevano uno sguardo sempre più interessato al contenuto delle edizioni stampate a Basilea, lo stesso doveva avvenire nei confronti dell’aspetto tipografico che al supporto materiale di questi testi veniva dato dalle officine svizzere: purtroppo le relazioni tra Basilea e Parigi nel campo della decorazione e dell’illustrazione libraria non a tutt’oggi ancora visto dedicarsi uno studio se non sistematico o approfondito, almeno di sondaggio52.

Già prima del 1512, entrambi i centri tipografici avevano cominciato ad imitare i legni decorativi delle edizioni prodotte dai torchi dell’altro. Un notevole numero di edizioni stampate dai più famosi editori parigini, come Robert Estienne, Geoffroy Tory e Simon de Colines rieccheggiavano, in particolare nel disegno delle cornici, delle iniziali figurate e nelle illustrazioni, quelle di Froben e dei suoi concorrenti. Tra il 1519 e il 1520, poi, un certo numero di edizioni parigine con o senza indirizzo di stampa, che conviene comunque raggruppare insieme, presentano nel frontespizio una di tre cornici disegnate da Urs Graf: non sorprende che su alcune di queste sia riportata l’esplicita attestazione della committenza da parte di Conrad Resch; dal momento che le matrici dovevano essere di sua proprietà, si può supporre che sulle edizioni anonime esse fossero state impiegate senza il suo consenso53. Negl’anni di attività di Graf, ma anche prima di lui, la caratteristica distintiva del libro stampato a Basilea era proprio l’impiego di inquedramenti per i frontespizi, iniziali figurate e illustrazioni di altissima qualità, in particolare quelle tratte dai disegni di Hans Holbein, che contribuirono indubitabilmente al successo delle edizioni basileesi in Francia. Nel 1521, una curiosa marca tipografica disegnata proprio da quest’ultimo, raffigurante un cane, una volpe e un leone stretti nelle spire di un serpente, il tutto rettoo da una mano umana, compare per la prima volte in un’edizione parigina. Essa riappare ripetutamente fino al 1526, sempre in edizioni pubblicate da stampatori in associazione o che stampavano per conto di Conrad Resch54. Ben presto altri editori parigini si rivolsero agl’artisti di Basilea, e a Holbein in particolare, per commissionare disegni e matrici per le loro illustrazioni. Lo stesso fecero i lionesi55.

Vice versa, la tipografia della città svizzera fu profondamente influenzata, e assai precocemente, dal gusto e dallo stile decorativo francese, con il risultato di acquisire un aspetto piuttosto diverso dal contmporaneo libro tedesco, e senza dubbio più attraente agl’occhi del pubblicao francese. Fin dagl’inizi del secondo decennio, se non prima, era attivo a Basilea un incisore su metallo proveniente dalla Lorena, Jacques Lefevre (alias Jacob Faber). Formatosi a Parigi, e spesso documentato a Lione, rappresenta un interessante esempio degli scambi tra le due città non solo a livello di stampa e commercio, ma anche dell’illustrazione del libro56. A Basilea l’incisione su metallo era una vera novità e Froben in particolare si dimostrò interessato ad adottare la nuova moda preferendola alla tradizionale tecnica xilografica. Tra gli artisti di cui Froben incise i disegni sul nuovo supporto vi erano naturalmente Graf e Holbein. Alla fine del medesimo decennio, sembra poi di poter registrare la presenza, in edizioni stampate a Basilea, di decorazioni su disegno originale di artisti francesi.

Con la partenza di Resch, dunque, l’Ecu de Bâle era passato nelle mani di Chrétien Wechel, che vi aveva fino ad allora svolto il ruolo di agente.

Wechel, un ennesimo immigrato dal Brabante – era nato a Herenthals – anch’egli favorevole alle nuove idee e pioniere della loro diffusione in terra francese, era arrivato a Parigi in qualità di giovane stampatore verso il 1518-1957. Il primo agosto 1526 Resch cedette a lui e a a sua moglie (Michelle de Robillart, vedova di un altro stampatore, Jean Périer) il fondo della bottega della rue Saint-Jacques per la somma di 2466 “écus d’or au soleil” pagabili a Francoforte58. Da quel momento l’Ecu de Bâle sembra essere diventato l’insegna di una casa editrice indipendente, dotata di propri torchi, come non fu mai sotto la gestione Resch. Nel febbraio 1528 Wechel é citato in un contratto come libraio e borghese di Parigi, e, a partire dal maggio seguente di libraire juré de l’Université.

Il nuovo proprietario conservò comunque stretti legami di collaborazione e con il suo ex-principale, di cui rimase rappresentante (e debitore) almeno per tutto il decennio successivo all’acquisto della libreria59.

Al di là della massiccia quantità di edizioni di autori antichi tradotti dai maggiori ellenisti dell’epoca - destinate ad assicurare una massiccia diffusione in Francia, e, per questo tramite, a favorire la creazione di un clima ricettivo ai nuovi fermenti religiosi - che resteranno la caratteristica dominante di tutta la sua produzione, un rapido sguardo al catalogo delle opere pubblicate o stampate da Wechel, permette innanzitutto di constatare la presenza di un gran numero di compilazioni dovute a mediocri autori di area tedesca, il cui nome é oggi generalmente sconosciuto, eccezion fatta per le opere teoriche di Dürer, che Wechel tradusse dal tedesco al francese e per Erasmo, di cui pubblicò una dozzina di testi, tra cui il De interdicto esu carnium, proibito dalla facoltà di teologia. Wechel dunque intrattenne strettissimi rapporti con la madrepatria, in particolare in materia di opere contemporanee a soggetto medico, cui affiancò traduzioni latine dei grandi autori greci – gli si deve almeno una dozzina di edizioni di Galeno, che contribuirono alla sua grande popolarità nel corso del Cinquecento - eseguite dai migliori professionisti dell’epoca, tra cui Guillaume Cop, Jean de la Ruelle i medici di corte di Francesco I - e Jacques Houllier60.

Tra le opere che comparvero con la sua marca spesso vi sono edizioni sospette, ma sempre pubblicate con tali precauzioni che i rischi furono assai ridotti, nonostante dovesse trovarsi in seria difficoltà almeno a quattro differenti riprese61. E’ così che nel 1528 e nel 1530 fece apparire, con privilegio reale, un trattatello in apparenza inoffensivo, il Livre de parfaite oraison, ma di cui, in realtà, una parte risultava essere l’adattamento di passi del Betbüchlein di Lutero. Sempre nel 1530 pubblicò le Prières et Oraisons de la Bible, traduzione delle Predicationes biblicae di Otto Brunfels : questo libretto, che permetteva di far conoscere i testi biblici di cui era proibito far circolare apertamente la traduzione, grazie al suo aspetto inoffensivo, riuscì ad evitare di essere messo all’Indice fino al 155162. Grazie a tali metodi di “camuffamento”, tipici della produzione e della diffusione europea del libro mal sentant almeno dopo la metà del secondo decennio, Wechel non sembra mai essere stato inquisito seriamente, o almeno non aver subito gravi conseguenze, e ciò nonostante i suoi annali possano vantare i nomi piuttosto compromettenti di Cornelius Agrippa, Melantone, Valentin Curio, Rabelais (di cui stampò la prima edizione del Tiers Livre) o la traduzione latina di opere come l’Axiochus di Platone, che era costato il rogo al Etienne Dolet.

Anche Wechel merita una citazione in merito ai rapporti franco-tedeschi in materia d’illustrazione editoriale: a partire dal 1532, infatti, Chrétien pubblica dei trattati tecnici forniti di tavole esplicative, il più importante dei quali é sicuramente quello di Vegezio, con due belle vignette e 120 tavole a piena pagina raffiguranti una serie di macchine da guerra complicate ed ingegnose, dei progetti di scafandri e dei carri armati, e quello del Valturio, le cui illustrazioni, realizzate al tratto da Mercure Jollat, sono copie fedeli di quelle dell’edizione di Verona del 148363.

Molto attivo nelle sue relazioni con il gruppo di Basilea fino almeno al 1540, dopo tale data é sostituito, nel ruolo di “emissario” e rappresentante di Resch e degli stampatori della città svizzera dai fratelli Dupuys, Mathurin e Jacques64.

Se Chrétien riuscirà a morire tranquillamente a Parigi nel secondo semestre del 1555; suo figlio André, riuscito a scampare al massacro della Saint Barthèlemy solamente grazie all’intervento del suo affittuario, Hubert Languet, ministro de Saxe a Parigi, si trasferirà a Francoforte nel 1572, continuando l’attività del padre.

Come era avvenuto con Resch a Parigi, Schlaber aveva affidato la direzione dell’impresa lionese a uno dei suoi ex-impiegati, Michel Parmentier, cui aveva ben presto affiancato un parente di sua moglie Claudia: Jean Vaugris.

A partire dal 1523 il nome di Schlaber non é più menzionato in rapporto all’Ecu di Lione, ma nelle mani di Jean e del socio essa continuò la sua stretta cooperazione con gli stampatori della città svizzera. I due associati erano allora incaricati di settori ben differenziati : a Parmentier era affidata la cura di visitare le città del sud della Francia, l’Italia e la Spagna, a Vaugris quella di occuparsi di Strasburgo, Ginevra, le Fiandre e appunto, Basilea, città della quale, nel 1524, Hans Waugrys von Scherlein by Lionn, libraio, ottiene la cittadinanza e il titolo di borghese e in cui decise ben presto di trasferirsi65.

L’ottenimento dei due titoli era stato probabilmente facilitato anche al matrimonio contratto – sembra già dal 1520 - con Gertrud Wingarter, il cui padre Andreas era cugino di Schlaber e verosimilmente anche lui impiegato nella sua rete di commercio editoriale66. In un documento del 5 novembre 1523 conservato agli archivi di Basilea, Jean, insieme a Schabler, é citato quale garante del fratello Benoît, stampatore a Lione, che, come abbiamo visto, lo aveva raggiunto a Basilea e vi prestò giuramento. In quest’occasione Jean é definito come stampatore in detta città67. Nel frattempo, la corrispondenza con Bonifacio Amerbach non si era interrotta: il 21 novembre del 1523 Jean gli annuncia che sarebbe arrivato otto giorni dopo a Lione, dove non contava di tornare prima di un anno, per ripartire con lui per Basilea; due giorni dopo, gli annuncia la morte del suo buon amico Ulrich de Hutten e che Erasmo si trovava ancora in città68.

Parmentier restò dunque il solo gestore della succursale lionese. Nato a Lione, Michel era entrato nell’impresa di Schlaber come semplice impiegato ma raggiunse in pochi anni un grado di responsabilità e d’importanza che Jean Vaugris non conseguì mai69. Sebbene avesse fatto stampare a Lione un certo numero di edizioni a suo nome e che l’Ecu de Bâle, come la sua omonima parigina, fosse ora diventata un’impresa dalle caratteristiche sempre più propriamente locali, Parmentier mantenne fedelmente le tradizionali relazioni con la città renana, continuando, anno dopo anno, a distribuire le nuove edizioni erasmiane stampate da Froben, ma non solo: nelle liste di libri che aveva disponibili in magazzino per l’autunno-inverno del 1523 spedite a Bonifacio Amerbach ad Avignone, comparivano anche trattati contro Erasmo di Hutten e Lutero, insieme ad altri, antiluterani, di Fischer, Cochlaeus e Johannes Fabri. La sua personale presenza a Basilea non é documentata, ma vi ottenne la cittadinanza nel 1526, insieme all’ammissione alla Compagnia dello Zafferano, lo stesso giorno del su ex socio Jean Vaugris70.

Nonostante le edizioni fatte stampare per suo conto, Michel rimase sostanzialmente un libraio, che espanse notevolmente il volume d’affari della libreria lionese, aprendo nel 1536 altre due succursali, una ad Avignone e l’altra a Tolosa, che promuovevano e facilitavano entrambe i contatti tra Basilea e il sud della Francia. Questa espansione dovette essere ulteriormente potenziata grazie ai rapporti che Parmentier mantenne con il resau basileese, e in particolare con i fratelli Vaugris: prima con il suo ex collega Jean, che continuava a viaggiare tra Basilea e la Francia, e con Benoît, che gravitava su Costanza e frequentava spesso Venezia, in seguito Vincent, che dopo l’avviamento della sua attività veneziana doveva sicuramente rappresentare un buon cliente e un prezioso corrispondente.

Soprattutto, la libreria lionese restava un punto di riferimento, come già era stata negli anni della gestione Schlaber, per autori, editori, intellettuali, tanto svizzeri quanto francesi: in occasione delle fiere di Lione, lettere, pacchi, manoscritti e soldi affluivano presso Parmentier che s’incaricava di farle giungere il più rapidamente possibile nelle più svariate destinazioni. Alciati, Rabelais, Jean Du Bellay, gli Amerbach, Erasmo, Sadoleto e il suo circolo a Carpentras, persino l’ambasciatore francese nella Serenissima, Lazare de Baïf, e molti altri ancora, tra cui numerosi Riformatori, poterono contare sui buoni uffici e sulla discrezione di una “casa” la cui reputazione era ormai solida e sperimentata71.

Sotto la direzione di Schlaber, Resch, Vaugris, e, sebbene con meno evidenza, dello stesso Parmentier, entrambe gli Ecus appaiono sempre più coinvolti nelle agitazioni religiose della Riforma. Senza dubbio, vi erano prontamente distribuite le Erasmica di Froben e altre Basiliensia che propagandavano il programma educativo ed erudito dell’Umanesimo cristiano, ma un intenso commercio si svolgeva anche con gli stampatori di Basilea e di altre città della Renania settentrionale che dovevano la loro produzione – e la loro prosperità – al pensiero luterano più che a quello erasmiano. Tuttavia, non si devono interpretare i due Ecus fossero come centri dell’intelligence della cospirazione protestante: la loro larga selezione di opere di controversistica religiosa non indica semplicemente un comodo compromesso tra convinzione e simulazione, ma una scaltra ed avvertita politica commerciale, che cercava innanzitutto di rispondere alle esigenze della domanda, proponendo la più ampia varietà di scelta. Prova ne é che le autorità francesi, certamente né negligenti né stupide nel non tentare seriamente di sopprimere la rete commerciale tra le due filiali e i loro fornitori a Basilea come altrove, non disturbarono mai seriamente l’attività di una ditta ben avviata con un importante giro d’affari sul loro territorio.

L’offerta commerciale delle due librerie non deve peraltro neanche essere associata in maniera troppo univoca con la diffusa ammirazione dei circoli intellettuali ed ecclesiastici francesi per Erasmo da Rotterdam, almeno non durante il periodo del sorgere di questo entusiasmo, fino al 1522. Vero é che Froben aveva pubblicato molte edizioni dei suoi scritti, e in particolare alcune voluminose e di grandi dimensioni (come quelle del Novum Testamentum, degli Adagia e del commento a San Cipriano), ma non esercitò in nessun caso alcuna forma di monopolio e le prime edizioni dei trattati più brevi, anzi, non furono normalmente affidate a – o accettate da – editori di Basilea. Almeno negl’anni cruciali intorno al 1520, insomma, quando Schlaber scelse per le due botteghe lo scudo basilense, facendole identificare dal pubblico come il punto di smercio della produzione tipografica della città, Basilea non era assolutamente ancora, in senso ovvio, la Basilea di Erasmo.

Fino agl’anni ‘30 del Cinquecento, dunque, la produzione editoriale ginevrina e la sua impressionante rete di distribuzione clandestina in Francia erano state per certi versi anticipate dai mercanti operanti fuori Basilea e dai due Ecus: protetti dalla cittadinanza svizzera, le loro attività non erano in se né segrete né illegali, ma chiaramente sufficientemente equivoche per destare puntualmente la preoccupazione dei paladini dell’antica religione e delle istituzioni che li sostenevano.

Nell’ottobre del 1524, lo stesso Erasmo, in una denuncia al Concilio di Basilea, associava Schlaber a Cratander e Bebel nell’accusa di produrre e distribuire pamphlets anonimi in francese che lo insultavano insieme al Papa: autore ne era quel Guillaume Farel, homo seditiosus i cui scritti, stando ai suoi informatori, potevano godere di una vasta distribuzione, da Lione a Costanza. Proprio due delle città interessate dalla rete commerciale dei fratelli Vaugris72.

Quando infatti, poco tempo prima, Farel si era recato a Basilea - visita che dovette aiutare a stringere i legami fra i suoi amici e simpatizzanti in Francia e i mercanti del gruppo dell’Ecu, e, nel contempo, a provocare, insieme ai suoi scritti e alle sue pubbliche interpellazioni, la collera di Erasmo - Jean doveva già godere di una certa familiarità con i circoli riformati più attivi.

In una lettera che Jacques Toussain scrive a Farel il 2 agosto 1524, il “Io. [annes] nepos bibliopolae Lugdunensis” che era intervenuto per accelerare la pubblicazione del De oratione dominica - un opuscolo di Farel, stampato a Basilea quello stesso mese, di cui non ci é pervenuto alcun esemplare - é chiaramente Jean Vaugris73.

Jean, in effetti, Farel lo doveva conoscere bene: il 20 agosto seguente, gli inviava infatti a Montbéliard - dove Farel si era nel frattempo recato, invitato ben presto dal Consiglio di Basilea a cambiare aria - 200 copie del De Oratione, di cui aveva personalmente supervisionato la stampa, insieme ad altre cinquanta di un’altra opera descritta con il titolo di Epistolae, probabilmente un altro scritto di Farel oggi perduto, e ad una lettera di toni decisamente cordiali ed amichevoli, che la dice lunga sui suoi progetti di propaganda evangelica e soprattutto dei metodi utilizzati per la diffusione capillare dei libri anche attraverso piccoli commercianti al dettaglio. Ne riproduciamo alcune righe nella loro – pertanto in francese ! - piuttosto curiosa ortografia :

‘“Guiliome, mon bon frère et amis, la grase et paix de Dieu soy en vous ! J’ay resu vous lettres, lesquelles lettres vous fêtes mension que on délivre d’argent à monsieur le Chevalier [Anémond de Coct]. Lequel je luy ay fer délivrés 10 escus par les mein de mon oncle Conrat [Conrad Resch]. Item, j’ay fet relier vous livres, car tout incontinent que on les a apporté, j’ay fet laiser toutes autres choses, pour fère les wautres. Item je vous [les] envoye et les ay balié au chevalier, avèque 200 Pater [l’Exposition familière de l’Oraison dominicale et des articles du Credo, appunto] et 50 Epistolae mès je ne say coman vous les vollés vandre ou faire vandre [...] Mès baillés les a quèque mersié, affin qui prène apétit de vandre des livres et il se ferat de peu en peu et parallelement il gagnierat quque chose. Item je vous prie si il estoiy possible, que on fit translaté le noviau testament, selon la translation de M. L. [Martin Luther] a quèque home, qui le sut buen fère, que seroy un grand bien pour le paii de Franss et Burgone et Savoi, etc. Et si il fesoy beson de aporté une letre fransayse, je la feray aporté de Paris ou de Lion, et si nous en avons a Bâlle qui fut bone, tant miex vaudroy. Item je part aujourd’hui de Bassle pour aller à Franckffort. A Basle, le 19 de augusto 1524”74.’

In realtà, l’impresa della traduzione francese del Nuovo Testamento di Lutero non ebbe seguito, ma la ghenga Schlaber & Resch & Vaugris ripiegò sull’edizione del Nouveau Testament di Lefèvre d’Etaplès, stampata per loro conto a Basilea da Bebel nel 1525 e ben presto diffusa dal nord al sud della Francia sugli scaffali dei due Ecus 75.

Nel settembre 1525 Jean Vaugris é presente alla fiera di Francoforte76, mentre il 15 dicembre, tornato a Basilea, scrive nuovamente a Farel, citando il nome di suo zio Wattenschee, alias Johan Schlaber77. Il giorno di Sant’Osvaldo del 1526, poi, é nominato, insieme all’ex socio lionese Michel Parmentier, membro della corporazione dello Zafferano, al prezzo di 4 fiorini in contanti a testa78.

Come i suoi parenti e affiliati, anche Jean giocava un ruolo attivo ed importante nella diffusione degli scritti riformati, percorrendo in lungo e in largo buona parte delle rotte europee del libro. Nessun dubbio, dunque, che nei depositi che possedeva a Parigi o a Châlons, i libri sospetti fossero numerosi, usciti dai torchi degl’editori basileesi che era incaricato di rappresentare.

La prova non tardò a prodursi.

Nonostante il trasferimento a Basilea e la recente promozione sociale, infatti, Jean non interruppe le sue peregrinazioni alla continua ricerca di nuovi occasioni di profitto: nel giugno 1527, partì per Parigi, dove aveva intenzione di aprire un nuovo deposito in rue Saint-Jacques, in una dépandance della bottega all’insegna del Liocorno – proprietà dei Kerver, già soci parigini di Schlaber, situata poco lontano del l’Ecu de Bâle, che prosperava sotto la gestione di Chrétien Wechel. Morì invece “in itinere morbo correptus”, roso dalla sifilide, a Nettancourt, fra Bar-le Duc e Châlons sur Maine, sulla frontiera fra la Champagne e la Loira.

Subito dopo il decesso iniziarono i problemi per il recupero del contenuto del magazzino: tra la innumera [...] librorum copia, varie balle risultarono provenienti dai torchi dei tipografi basileesi seguaci della Riforma. Tanto bastò perché il capitolo di Saint Benoît le-Bien-Tourné, chiesa tradizionalmente legata al commercio librario parigino, volesse incamerare l’intera fornitura

‘“quod suspecta Luteranae nonnulla eruditionis volumina reliquis intercalasse fertur” ’

accampando su di essi il suo pieno diritto,e che il vescovo di Châlons avviasse analoghe procedure79. Molti di questi libri erano però stati acquistati a credito dagli stampatori che, insieme alla famiglia Vaugris, si trovavano ora di fronte alla seria minaccia di una grave perdita. Ne seguirono allora complicati negoziati in cui, nella difesa degl’interessi della famiglia, ad Andreas Wingarter, suocero di Jean, si associò il minore dei quattro fratelli, quel Vincentio Vogryss che si affaccia per la prima volta alla ribalta della nostra, e della sua storia.

Chiaramente, la rete degl’affiliati degli Ecus dovette rapidamente attivarsi per far fronte all’emergenza: Chrétien Wechel in qualità di rappresentante parigino del suo ex principale Conrad Resch si propose subito come garante presso il Capitolo di Saint Benôit per tutti i beni – libri ed altro – confiscati80.

Ma fu lo stesso concilio di Basilea ad intervenire presso Francesco I in difesa dei suoi concittadini: la lettera di perorazione datata 12 ottobre 1527, citando le parti lese, testimonia come Jean Vaugris non fosse solo il rappresentante del suo parente Jean Schlaber ma anche, logicamente, l’agente dei principali stampatori e librai di Basilea: Jean Froben, André Cratander et Valentin Curion81. Nella lettera non si tentava nemmeno di negare, tra i libri confiscati, la certa presenza di Lutheriana, dal momento che fra di essi dovevano esserci numerose copie del Nouveau Testament di Lefèvre. Da parte francese, però, non si aveva interesse a scontentare i Signori della Lega Elvetica e quindi il re autorizzò gli eredi a vendere i libri a Parigi, a condizione che i tutti i titoli sospetti fossero messi da parte e in seguito rimpatriati. Ciononostante, sulla via del ritorno verso Basilea, il barile di libri “rifiutati” a Parigi fu confiscato dall’abate di Beaulieu, vicino a Bar-le-Duc, e il Concilio cittadino fu costretto ad intervenire nuovamente in favore degli eredi Valgrisi, questa volta appellandosi al duca di Lorena82.

Quest’ultimo documento presenta alcune curiosità: Jean Vaugris, e Conrad Resch, suo cugino, che é qui citato in qualità di garante, vengono entrambe citati non con i loro cognomi, ma con il soprannome di Schlaber, ovvero “Wattenschnee”, che dunque sembra potesse applicarsi ai suoi parenti e soci in affari83. Ma se l’estensione del soprannome di Schlaber ai due membri della famiglia ben dimostra quanto la società li considerasse strettamente associati fra loro, il documento sembra d’altro canto implicare il fatto che, almeno in questo caso, Vincent conducesse affari per suo proprio conto.

A Lione nel frattempo, accanto all’Écu de Bâle, una nuova officina si stava affermando, anch’essa legata alla produzione tedesca e alla Riforma : quella che Jean e François Frellon, figli di un libraio parigino, avevano fondato a Lione, naturalmente nella rue Mercière, all’insegna dell’Écu de Cologne 84.

Nel quadro della nostra ricerca, merita darne qualche informazione: proprio “sub scuto coloniensi” infatti, apparvero le due straordinarie serie xilografiche tratte dai disegni che Holbein aveva eseguito quando ancora risiedeva a Basilea, le Figure della Morte e le Icones dell’Antico Testamento. Una delle prime edizioni illustrate pubblicate da Vincenzo a Venezia, poi, é praticamente un plagio della prima delle due serie holbeiniane, e fu causa di una polemica “a distanza” tra Vincenzo e il maggiore dei due fratelli, Jean, che oltre che coetanei, dovevano necessariamente essersi conosciuti di persona, a Parigi o a Basilea, tramite, ancora una volta, la rete degli Ecus 85.

Jean Frellon, infatti, dopo aver svolto il suo apprendistato a Parigi presso Conrad Resch, sembra l’avesse poi raggiunto a Basilea, di cui aveva ottenuto la cittadinanza, sia per perfezionarsi nel mestiere, sia per allontanarsi da Parigi, dove le sue opinioni religiose avrebbero finito per rendergli pericoloso il soggiorno. Al suo ritorno, nel 1536, si era infatti stabilito non a Parigi, dove si limitava a conservare un magazzino, ma a Lione, città più tollerante. Lo si ritrova dunque associato al fratello François, che sembra aver vissuto tutta la vita all’ombra del fratello maggiore fino alla sua morte precoce, nel 1546. Durante i primi anni di attività lionese, i Frellon si dedicarono principalmente all’edizione di testi giuridici, medici e di alcuni classici, ma, soprattutto Jean, sembra da subito essersi impegnato attivamente nel commercio e nella distribuzione della letteratura protestante sul territorio francese, che anche dopo l’affare dei Placards del 1534, non dovette subire particolari contraccolpi, ma necessitare forse solo di una maggiore dose di prudenza86. Tale attività dovette impegnarlo per tutta la sua vita se ancora nel 1568, anno della sua morte, scriveva a proposito di “septante balles de livres de la religion que j’avois achetee en Alemaigne”.

Se dunque nel 1536 il suo indirizzo era comparso sugli Opuscula adversus Lutheranos del cardinal Caietano, ma sicuramente per scrupolo di prudenza, oltre, forse, per poter contare sulle sicure entrate di un titolo di successo.

A partire dal 1542, i Frellon decisero di stampare in proprio le loro edizioni, affidandosi all’esperienza del maestro stampatore Michel Du Bois, un protestante ginevrino. Potrebbe sembrare che i loro volumi abbiano, anche nel loro confezionamento fisico, stretti rapporti con i libri destinati al culto cattolico, ma fu molto spesso grazie a questa abile dissimulazione, che riuscirono a servire da efficace veicolo per le dottrine protestanti. Tale é il caso, ad esempio, delle Imagines de morte, accompagnate dalla Medicina dell’Anima di Urbanus Rhegius, pubblicate nel 1542. Lo stesso dicasi del Nuovo Testamento del 1553, in cui il Diavolo e la tentazione sono rappresentati sotto forma di un monaco dai piedi biforcuti, di due libretti stampati nel 1545, le Precautiones christianae ad imitationem psalmorum compositae e le Precautiones biblicae [...] veteris et novi Testamenti, ma anche di alcune Bibbie in volgare e di due edizioni in latino (1551 e 1555, poi proibite dall’Indice spagnolo del 1559). Come nel caso di Wechel a Parigi, i Frellon continuarono tra l’altro a pubblicare negl’anni alcune opere Erasmo, quando ormai erano pochi gli editori francesi che si arrischiavano nell’impresa.

Come Resch e Vaugris, Jean é in contatto con Farel e con Calvino, ora a Ginevra. Miguel Servet, allora a Lione, lavorò per lui, fino al 1540, come correttore e come curatore di un’edizione spagnola di San Tommaso: é tramite Jean che entrò in contatto con Calvino – che dovette in seguito sentenziarne l’esecuzione - ed é proprio il lionese a preoccuparsi di recapitare le loro reciproche missive; quando poi Servet fece stampare a Vienne, nel Delfinato, la sua Christianissimi restitutis, fu sempre Jean ad impegnarsi a facilitarne la circolazione.

Nonostante la sua estrema discrezione – non risulta mai accusato di esser stato fonte di propaganda o polemica – fu membro attivo della chiesa riformata lionese e del Concistoro protestante del 1564, insieme all’editore Antoine Vincent, attivo tra Lione e Ginevra e zelante propagatore del libro riformato calvinista, che fu spesso suo socio in affari.

Ma ormai é tempo di volgere i nostri passi ad Est e seguire il cammino del protagonista della nostra storia.

Notes
27.

Cfr. Baudrier 1964, X, p. 458-64 ; Fevre-Martin 1958, pp. 416-422 ; Bietenholz 1971, pp. 27-43 

28.

Bonifacio Amerbach, il più giovane - e senza dubbio il più brillante - dei tre figli di Johannes, diventerà in seguito professore di diritto all’Università di Basilea e correttore presso Froben. Cfr. H. R. Hagemann, Die Rechtsgutachten des Bonifacius Amerbach. Basler Rechtskultur zur Zeit des Humanismus, Basel-Frankfurt a. M., Helbing & Lichtenhahn, 1997. Tra il 1520 e il 1523, Jean Vaugris intrattiene con lui una fitta corrispondenza, cfr. Hartmann 1953, II, nn. 740, pp. 247-48, pp. 268 sgg.

29.

Citata da Baudrier 1964, X, p. 458. La biblioteca dell’Università di Basilea possiede ancora oggi una serie quasi completa delle opere classiche e neoclassiche stampate da Manuzio, con l’ex libris manoscritto “Ex libris Amerbacchiorum” o “Bonifacii Amerbacchii liber”. Nonostante suo padre possedesse già una determinata opera, Bonifacio si preoccupava di comperare anche l’edizione di Aldo. Il suo esemplare personale del Libro d’Ore manuziano sembra avesse acquistato il carattere quasi sacro di una Bibbia di famiglia, sulle cui pagine egli annotava gli avvenimenti più importanti della sua vita - la data della sua nascita, quella del suo dottorato in legge, la morte di suo fratello Basilio e quella del suo più grande amico, Erasmo – costituendo una prova straordinaria del valore che uno dei più eminenti dotti del Nord-Europa del tempo attribuiva all’opera del suo predecessore italiano. Cfr. M. Lowry 20002, pp. 353-54.

30.

Cfr. Hartmann 1953, II, pp. 268 sgg, Vaugris a Bonifacio Amerbach, da Lione 23 novembre 1520 :

“[...] Ich bit euch, das, wenn ir den deutsch Luter verdenn haben lesenn, so schickenn wider uff gen Lyonn, denn es ist ein gut gesel, der sy gernn vot haben lesen [...]”.

31.

Cfr. Febvre-Martin 1958, pp. 412 e W. G. Moore, La Réforme allemande et la littérature française. Recherches sur la notorieté de Luther en France, Strasbourg, 1930.

32.

Hartmann 1953, II, n. 1130.

33.

Cfr. Febvre-Martin 1958, pp. 416-422 ; Baudrier 1964, VIII e X, pp. 449; J. Plattard, L’Ecu de Bâle, “Revue du XVIe siècle”, XIII (1926), pp. 282-285; Bietenholz 1971, pp. 27-43 ; Higman 1990 ; P. Renouard, Répertoire des imprimeurs parisiens, libraires, fondeurs de caractères et correcteurs d’imprimerie, Paris, 1965, art. Resch, Schabeler, Vidou ; Elie 1954.

34.

Per la storia di Basilea nel Cinquecento, cfr. H. R. Guggisberg, Basel in the Sixtenth Century, St Louis (Miss.), 1982; E. Bonjour – A. Brukner, Basel und die Eidgenossen, Basel, 1951; P. Burckhardt, Geschichte der Stadt Basel von der Zeit der Reformation bis zur Gegenwart, Basel, 1942; H. Füglister, Handwerkregiment. Untersuchungen und Materialen zur sozialen und politischen Struktur der Stadt Basel in der ersten Hälfte des 16. Jahrunderts, Basel-Francfort, 1981.

35.

Fra gl’iscritti all’università di Basilea risulta anche uno “Jerg Wangris”, di Venezia, iscrittosi per l’anno accademico 1557-58 : é chiaramente il figlio di Vincenzo, che ne rileverà poi, insieme al fratello Felice, l’attività. Cfr. G. Busino, Italiani all’Università di Basilea, in “Bibliothèque d’Humanisme et Renaissance”, XX, 1958, pp. 501-26 : 525 e infra.

36.

Cfr. P. Bietenholz 1971, pp. 79-87; 245-46 e Id. 1990, p. 243.

37.

Per l’influenza italiana e la stampa a Basilea tra XV e XVI secolo, cfr. W. Heckethorn, The Printers of Basle in the XV and XVI Centuries. Their Biographies, printed Books and Devices, London, 1897 ; F. Luchsinger, Der Basler Buchdruck als Vermittler italienischen Geistes. 1470-1528, Basel, 1953 e P. Bietenholz, Der italienischer Autoren von 1530 bis zum Ende des 16. Jahrunderts, Basel-Stuttgart, 1959.

38.

Nato nel 1434 a Reutlingen, negli anni in cui Gutenberg iniziava le sue ricerche a Strasburgo, Johannes Amerbach aveva studiato a Parigi, dove aveva avuto come professore un altro tedesco, Jehann Heylin, di Steyn, che avrebbe fondato poco dopo l’officina della Sorbona. Sotto la guida di tale maestro, Amerbach seguì la via sicura di “Maestro Jehan di Scozia”, Giovanni Scoto. Lo si ritrova in seguito “ maestro in arti” a Norimberga, impiegato presso Koberger. Il primo contatto con i mestieri del libro deve aver rivelato a questo intellettuale le possibilità offerte dalla stampa per la diffusione dei testi: nel 1475, forse con l’aiuto dello stesso Koberger, che successivamente gli comissionò numerose edizioni, aprì un’officina a Basilea, diventata ben presto il punto di riferimento dei maggiori studiosi tedeschi : Heylin, che nel frattempo si era trasferito a Basilea, Conrad Reuchlin, che nel 1510 si stabilì in casa sua per lavorare al suo fianco, il domenicano Johann Kuhn e Beato Renano, che rinunciò al viaggio in Italia per diventare correttore delle sue edizioni. Per rendersi conto del ruolo ricoperto da Amerbach nel mondo degli stampatori e dei librai del tempo basta scorrere le lettere che egli ricevette da tutta Europa, inviategli da stampatori occasionali o professionisti, teologi ed umanisti celeberrimi o praticamente sconosciuti. Johannes Amerbach é anche capofamiglia, in tutta la pienezza del termine : la corrispondenza con i due figli maggiori, Bruno e Basilio, inviati a Parigi per conseguire i titoli universitari e con Bonifacio, anch’egli studente in Francia, ma ad Avignone, e futuro famoso giurista, ci restituiscono un vivace affresco della vita degli studenti fuori-sede dell’epoca e il ritratto di un genitore tradizionalista, che mette continuamente in guardia i suoi figli contro i possibili pericoli, li esorta a seguire come lui le lezioni di Duns Scoto – e non, fedele agli antichi contro i moderni, di Ockham – di evitare le cattive compagnie, di tenere ogni sera le note delle spese e soprattutto di ben guardarsi da quelle inutili “Comedite et bibite ut vivatis, non vivite ut edetis et bibatis...”. Cfr. Hartmann 1953.

39.

Johan Froben, socio di Johannes Amerbach fin dal 1491, e in seguito suo genero, ne rilevò l’attività dopo la sua morte, nel 1514. Erasmo aveva protratto per tre anni (1514-1517) una visita di pochi giorni presso di lui, che ne divenne lo stampatore di fiducia e l’esecutore testamentario. Correggono le sue edizioni Beautus Rhenanus e il più dotato dei suoi cognati, Bonifacio Amerbach. Nel 1536 acquistò la fonderia di caratteri di Peter Schöffer, e vendette una serie di punzoni del suo alfabeto greco a stampatori francesi, lionesi e parigini, tra cui Josse Bade; per i disegni dei suoi frontespizi, illustrazioni, fregi e iniziali figurate ricorse dapprima a Urs Graf e, dopo il 1516, a Hans e Ambrosius Amerbach. Cfr. Febvre-Martin 1958.

40.

Cfr. Bietenholtz 1971

41.

A Parigi, la produzione dei libri riformati o riformisti in francese, cessò quasi totalmente dopo il 1526, e Lione, nonostante gli stretti contatti con Basilea, sembra aver contribuito molto poco agli esordi del libro riformato, é chiaro che la produzione dovette svolgersi altrove ed appoggiarsi alla diffusione assicurata dai canali commerciali. Cfr. Higman 1990. Durante gli anni ’20 sono molti i rifugiati francesi che cominciano ad “ importunare” gli editori con la richiesta di stampare i loro manoscritti : nel 1524 Cratander stampa alcuni pamphlet di François Lambert e di Guillame Farel, provocando la collera di Erasmo e nel 1535-36 a far visita alla città é Jean Calvin.

42.

Cfr. Bietenholtz 1971, pp. 25-33.

43.

Per le fiere di Lione, cfr. nota 4 ; sulla fiera di Francoforte : J. Westfall Thompson, The Frankfort book fair. The Francoforsiense emporium of Henri Estienne, edited with historical introduction, Chicago, The Caxton Club, 1911 ; Nuovo 1998, pp. 91-99.

44.

Mathias Huss era l’erede e il gestore del torchio appartenuto a Martin Huss, un altro nativo di Bottwar e molto probabilmente anch’egli apprendista dei tipografi tedeschi, che si era stabilito a Lione nel 1477. Nel momento in cui si associò a Schlaber, Huss gestiva già un vivace scambio commerciale con Basilea : libri usciti dai torchi svizzeri erano disponibili nella sua bottega e, reciprocamente, le sue edizioni lionesi erano smerciate dai colleghi basileesi. Cfr. Bietenholz 1971, p. 28.

45.

L’edizione di Colonia é lo Speculum humanae salvationis del 1474, mentre a Basilea compaiono nel Spiegel manschlicher Bahaltnis stampato da B. Richel nel 1476. Cfr. Sander 1942; A. Pfister, Das deutsche Speculum humanae salvationis, Basel, 1937 ; Febvre-Martin 1958, p. 136.

46.

I quattro pilastri dell’organizazzione politica cittadina erano le quattro corporazioni “Schüssel”, “Hausgenossen”, “Weinleuten” e “Safran” che si erano conquistate il dominio dopo aver estromesso il Vescovo e il Capitolo. In questi primi decenni del secolo, accedervi non doveva essere troppo complicato, dal momento che l’accesso alla cittadinanza degli Hintersassen e degli stranieri si dimostrava assai facile, e, anzi, incoraggiato dal governo cittadino. Fu solamente a partire dal 1541, e soprattutto con la grande onda di rifugiati provenienti da Sud alla metà del secolo, che il Piccolo e il Grande Consiglio si videro costretti a porre un freno all’arrivo di elementi indesiderabili. Tra il 1501 e il 1550, furono 25 gli stampatori che si iscrissero alla corporazione basileese dello Zafferano. Cfr. Perini 2002, pp. 54-57, in cui é tracciato un suggestivo affresco della Basilea in cui il Perna giunse ben più tardi, nel 1542. Gli stampatori avevano generalmente la loro sede nella zona del mercato, in particolare le botteghe si affollavano ai due lati della Freie Strasse

47.

Cfr. infra.

48.

Cfr. Febvre-Martin 1958, pp. 432-34 ; Higman 1990, p. 107 ; Bietenholz 1971, pp. 27-43 ; G. Farel, Le Pater noster et le Credo en françoys, éd. F. M. Higman, Genève, 1982, pp. 19-20 ; Herminjiard 1866-97, I, p. 306 ; F. M. Higman, Les Traductions françaises de Luther, 1524-1550, in Palæstra typographica : aspects de la production du livre humaniste et religieux au XVIe siècle, éd. J.-Fr. Gilmont, Aubel, 1984, pp. 15-27. Su Farel, per le questioni biografiche, cfr. Guillaume Farel 1489-1565. Biographie nouvelle, Neuchâtel-Paris, 1930 e Guillaume Farel. Atti del convegno (Neuchâtel, 1980), éd. P. Barthel, R. Scheurer, R. Stauffer, Genève-Lausanne-Neuchâtel, 1983 (“Cahiers de la Revue de Théologie et de Philosophie” 9) ; per la bibliografia delle sue opere, cfr. J.-Fr. Gilmont, L’Œuvre imprimé de Guillaume Farel, ibidem, t. 2, pp. 108-145.

49.

Cfr. Bietenholz 1971, p. 35 

50.

Non é certamente un caso che la produzione francese di testi riformati in francese cessi totalmente a partire dallo stesso anno. I tempi stavano cambiando e Resch, lungimirante tanto se non di più dello zio Schlaber, non indugiò a trasferirsi dove i suoi affari potevano continuare a prosperare in maggiore tranquillità.

51.

Cfr. Bietenholz 1971, p. 33 

52.

Brun 1969 vi dedica solamente poche pagine (pp. 41-8)

53.

In questo contesto “sulfureo” di diffusione di testi proibiti, l’illustrazione assumeva spesso un valore ben più che decorativo : un esempio particolarmente interessante é quello offerto dall’edizione del De primatu Petri adversus Ludderum, del filosofo tedesco Jean Eck, intransigente difensore dell’ortodossia, che Resch dovette far stampare nel 1521, senza dubbio per prudenza, lasciando il compito di esprimere i suoi veri sentimanti alla verve irrispettuosa nei confronti di papa Leone X – cui l’opera era dedicata - del frontespizio disegnato da Urs Graf.

54.

Cfr. Hollstein XIV A, n. 35, p. 32.

55.

Cfr. cap. III. 2 e scheda 2.

56.

Per l’ancora misterioso Lefvre/Faber, da identificarsi forse anche con il monogramista “I.F.”, cfr. Brun 1969, pp. 47-8 e 74. La Lorena, all’infuori di Parigi e Lione fu la sola regione a poter vantare nel Cinquecento una vera e propria produzione originale, per cui cfr. Brun 1969, pp. 87-93.

57.

Cfr. Elie 1954 ; E. Armstrong, The Origins of Chrétien Wechel re-examined, “ Bibliothèque d’Humanisme et Renaissance” 23 (1961), pp. 341-45 ;

58.

Cfr. Parent 1974, p. 159-60 ; Coyecque 1905-29, I, p. 663, 1/VIII/1526

59.

Nel luglio 1529, ad esempio, Wechel stila una procura a nome di Resch per recuperare un credito presso Antoine et Bernard Bleds, residenti in Svizzera. Wechel, inoltre sembra restare strettamente dipendente da Resch, di cui risulta ancora debitore nel 1536 : a questa data il libraio basileese delega a uno dei suoi corrispondenti lionesi, allora residente a Parigi, Jean Frellon, di reclamare a Wechel i 1000 scudi che gli restavano da pagare dal 1526. Per liberarsi dal suo debito, quest’ultimo cedette tutta la mercanzia invenduta di Resch – ovvero 680 lt - e

“tous et chascuns les livres de quelques sortes qu’ils soient lui appartenant et estans de présent en la ville de Francfort, qui représentent la somme de 570 lt”e dei libri “tant vieulx que nouveaux”

che facevano parte del suo fondo personale a Parigi Il contratto del 13 gennaio 1536, annullato qualche giorno più tardi, prevedeva che se Wechel non avesse pagato entro un anno, sarebbe stato obbligato a cedere l’affitto dell’Ecu de Bâle, o di accettare che Frellon venisse ad alloggiarvi per occuparsi della merce. Cfr. Paris, Archives National, M. C. XLIX 8, 13.I.1536 – 21. I. 1536, Parent 1974, pp. 159-60.

60.

Cfr. scheda 1.

61.

Cfr. Elie 1954, pp. 183-85.

62.

Cfr. Higman 1990, p. 108.

63.

Cfr. Brun 1969, p. 42 e scheda 2.

64.

Una volta che Chrétien Wechel rese tutta la mercanzia che apparteneva ancora a Resch, sono i fratelli Dupuys, Mathurin et Jacques, a sostituirlo e, all’incirca dal 1540, saranno loro i principali clienti dei tipografi basileesi sulla piazza parigina. Mathurin Dupuys, legato alla famiglia di stampatori Chaudière tramite il matrimonio con la figlia di Rehnault Chaudière, diventò il rappresentante di Conrad Resch negli anni 1537-1541. Diventato libraire juré nel 1539, nel 1542, si mise al servizio dei fratelli Frellon, pur restando socio dei Froben e di Resch. Nel solo 1551, egli acquista da Michel Ysegrain, Henry Pierre, Jherosme Froben, Nicolas Levesque, tutti librai della città e del cantone di Basilea, 550 lt di mercanzia. Jacques Dupuys, invece che aveva sposato Catherine, figlia di Josse Bade, si doveva recare spesso a Basilea per acquistare libri per conto di suo fratello cui successe nel 1555. Cfr. Parent 1974, pp. 159-60

65.

Lo attesta a quanto pare un documento conservato agli Archivi di Basilea che Baudrier cita senza darne la collocazione. Cfr. Baudrier 1964, X, p. 459.

66.

Andreas Wingarter sembra aver esercitato il commercio editoriale nei paesi di area germanica, cfr. Bietenholz 1971, p. 31. Gertrude doveva aver dato a Jean almeno un’erede, che portava lo stesso nome della madre, e anche dotata di una gran buona salute se nella Basilea sepulta del Fonjola (Basilea, 1661, p. 147), si riporta che “L’anno 1607 fu inumata nella chiesa di S. Pietro a Basilea, la signora Gertrude Wagrys, moglie del signor Matthieu Harscher, sposatasi a 19 anni, vedova a 45 anni, madre di tre figli, nonna di 53 nipoti, bisonna di 40 nipotini per grazia di Dio. Ella ha terminato la sua vita cristiana l’11 dicembre 1607 all’età di 84 anni”. Cfr. Baudrier 1964, X, p. 464.

67.

Stesso caso del documento a nota 20, Cfr. Baudrier 1964, X, p. 459.

68.

Amerbachkorrespondenz 

69.

Cfr. Bietenholz 1971, p. 32-8; Zemon Davis 1983a, p. 261.

70.

Cfr. infra.

71.

Cfr. Bietenholz 1971, p. 41-2. 

72.

Cfr. nota 32. Cratander si distinse soprattutto nella pubblicazione degli scritti di Farel, ma anche di Lefèvre d’Etaples e poi di Nicolas Bourbon, corrispondente epistolare di Erasmo.

73.

Cfr. Herminjard, I, n. 109, p. 252. Citata da Baudrier 1964, X, p . 461.

“Quod scribis de Oratione dominica, dabo operam ut exeat in publicum, idque quam primum fieri potuit. Conveni hodie eum qui illam formulis excudendam suscepit. Lunae die [8 agosto] committetur praelo, si non mihi verba dat typographus; Io. [annes] nepos bibliopolae Lugdunensis maturabit negotium qui salutem tibi adscribit”.

74.

Herminjard, I, pp. 279-81. Interessante il consiglio fornito da Jean a Farel alfine di assicurare una maggiore diffusione del suo scritto : affidarne alcune copie ai merciai, perché si rendessero conto dell’appetibilità del prodotto (“Mais baillez-les a quelque mercier, afin qu’il prenne appétit de vendre des livres”). Per la bibliografia relativa a Farel, cfr. nota 38.

75.

Cfr. Bietenholz 1990, p. 262

76.

Amerbachkorrespondenz, G. 1130, vol. II

77.

Herminjard, I, p. 403.

78.

Basel, Staatsarchiv, Registro della corporazione dello Zafferano, vol. II, fol. 53, citato da Baudrier 1964, X, p. 462.

79.

Cfr. Parent 1974, pp. 170-73, 203.

80.

Cfr. Elie 1954, p. 183.

81.

Cfr. Appendice 1.1. La notizia della morte di Jean é riportata anche nella corrispondenza degli Amerbach, in una lettera da Basilea datata 1 gennaio 1528. Cfr. Amerbachkorrespondenz, III, n. 1229, p. 292.

82.

ABR III, p. 133 ss.

83.

Anche Benoît Vaugris é chiamato in un occasione “Hans Wattinschhnes bruoder”, cfr. Hartmann III, p. 222

84.

Per i Frellon, cfr. Baudrier 1964, V, pp. 154-64 ; Zemon-Davis 1956; Febvre-Martin 1958, pp. 421-2 ; Bietenholz 1970, p. 36.

85.

Le Figure della Morte di Holbein erano state pubblicate per la prima volta, a Lione, dai fratelli Trechsel, ma erano già i Frellon ad assicurarne la diffusione tramite la loro libreria. In quell’occasione però erano accompagnate da testi di ispirazione ortodossa. Vincent ne ripropose le tavole accompagnandole di una traduzione italiana dei testi nel 1545 e in una versione latina nel 1551. Frellon gli rese la pariglia copiando e ripubblicando a Lione la traduzione italiana. Cfr. scheda 2.

86.

Sono anni in cui il Concilio di Basilea assicurava ancora il proprio appoggio allo scopo di salvaguardare, nei limiti del possibile, le lucrose attività dei suoi librai e stampatori : il 3 maggio 1538, non appena si venne a sapere che Francesco I aveva promulgato un editto che proibiva la vendita dei libri Lutheranae farinae, il Concilio, ripetendo quanto aveva fatto nel 1527 al momento della morte di Jean Vaugris, inviò una lettera al luogotenente criminale del Prévôt di Parigi, per raccomandargli i suoi due cittadini (cives nostros bibliopolas) Resch e Frellon pregandolo di non tener conto delle calunnie di cui erano fatti oggetto. Visto il calibro dei due personaggi si ha il diritto di dubitare che fossero interamente calunnie...