Il nuovo secolo si era aperto a Venezia con la pubblicazione di una delle più sorprendenti e straordinarie realizzazioni xilografiche di tutto il Cinquecento: la Veduta di Venezia disegnata da Jacopo de’ Barbari – un artista particolarmente sensibile alla tradizione germanica - e pubblicata con il patrocinio editoriale del mercante norimberghese Anton Kolb. Si trattò di un imponente impresa commerciale destinata al mercato tedesco ed architettata dalle scaltre capacità imprenditoriali del Kolb, sin dal 1499 impegnato a Venezia nella vendita del Weltchronik dello Schedel (il Liber Chronicarum, meglio noto come la Cronaca di Norimberga), per conto dei librai della sua città. In uno straordinario ritratto “a volo d’uccello” largo quasi tre metri e composto da sei matrici, Venezia, città d’acqua, di marmo e d’oro, si presentava agli occhi del Nord, al tempo stesso come mito e luogo concreto, in un unicum il cui fascino risultava dall’alchimia fra l’arte della quale é intriso e la scienza che l’aveva reso possibile297.
La Veduta di Venezia segnò una tappa importantissima nel panorama della produzione xilografica veneziana del primo Cinquecento, sia per le sue dimensioni eccezionali che come esempio illuminante di un procedimento a stampa ormai completamente trasformato rispetto agli esordi, per la sua altissima qualità tecnica, risultato del suo uso complesso del tratteggio e del sottile linearismo che fino ad allora era stato predominio delle incisioni su rame e che dimostrava la validità della fusione degli elementi nordici con il colore veneziano.
Il suo impatto fu tale da influenzare lo stesso Tiziano, che, memore dell’esperienza grafica del Mantegna, e attento osservatore delle opere di Dürer e dei fiorentini, che necessariamente circolavano accanto a quelle di Jacopo de’ Barbari e di Giulio Campagnola, comprese subito l’enorme potere divulgativo che la xilografia poteva svolgere da un lato, nell’ambito di quell’attività di propaganda religiosa e politica imposta dai tempi e dal clima culturale della Serenissima, mirante ad affermarsi come potenza europea e come centro di diffusione di una nuova civiltà; dall’altro quale medium per la trascrizione della sua prima produzione grafica298.
Con le monumentali opere di Tiziano – il Trionfo di Cristo, il Sacrificio di Abramo, la Sommersione del Faraone nel Mar Rosso - databili entro i primi quindici anni del Cinquecento, nasce infatti un nuovo linguaggio grafico che ha un lessico proprio e valori espressivi autonomi e inediti, capaci di rendere sul blocco, attraverso la maestria dell’intagliatore, lo stesso valore delle linee, dei segni del tono e delle macchie.
Le incisioni realizzate tra il 1525 e il 1530, poi, tra le quali il Paesaggio con mungitrice e aquila, il San Gerolamo davanti al Crocefisso, l’Albero con le due capre, l’Adorazione dei pastori e le Stigmate di San Francesco, costituiscono altrettante tappe fondamentali nella storia della xilografia veneta, iniziando un genere che privilegia il paesaggio come motivo a sé, destinato a grande fortuna. Come dimostra la scelta dei soggetti, la chiarezza delle composizioni e la sintesi del segno, la xilografia era ora pensata da Tiziano per un pubblico diverso da quello dei committenti delle sue pitture: una folla anonima, non ricca, spesso anzi popolare, che, però, condusse l’artista a preferire temi generalmente estranei alla sua pittura, fino a sperimentare e ad anticipare nell’incisione le sue scoperte del paesaggio e della scena di genere. In linea con la tradizione iniziata da Giovanni Bellini e continuata da Giorgione, in queste opere la natura assume infatti una nuova importanza e il paesaggio diviene l’effettivo protagonista della scena, in grado d’interferire direttamente nell’azione, ricoprendo un valore a sé stante, in linea con quanto si andava riscoprendo nella contemporanea cultura umanistica. Erano gl’anni in cui si leggeva il lucreziano De rerum natura nell’edizione aldina del 1500 (revisionata dal Navagero nel 1515 sempre per i tipi di Aldo), gli Asolani, ritrovandovi l’invito ad avvicinarsi alla Natura, e il Petrarca, con occhi nuovi299.
Dopo la pubblicazione di questi paesaggi, cui fanno riferimento numerose derivazioni sul tema, l’interesse di Tiziano per la xilografia scema, e il legame finora mantenuto vivo dal diretto controllo del maestro su tutte le fasi di trasposizione del suo disegno al legno, sul passaggio tra modello e traduzione - tra concezione ed esecuzione, insomma - va allentandosi fino a scomparire per far posto, nelle xilografie più tarde, ad una relazione generica e distaccata tra disegno e stampa.
Ma ormai per la xilografia, e non solo intesa come tecnica riproduttiva di un disegno su foglio sciolto, si era aperto un nuovo corso, e nomi conosciuti accanto a schiere d’artigiani, non potevano più praticarla allo stesso modo. Grazie ad una straordinaria varietà ed immediatezza di segni, Tiziano aveva offerto una risposta tutta veneziana alle raffinate incisioni nordiche, e a quelle di Dürer in particolare: quella della luce e dell’ombra.
Ne é prova quel capolavoro della traduzione xilografica che, per eccezionalità grafica e rigore scientifico, é il grande trattato di anatomia di Andrea Vesalio, il De Humani corporis Fabrica, stampato a Basilea da Johannes Oporinus nel 1543, ma realizzato proprio in ambito tizianesco (le attribuzioni delle tavole, realizzate a Venezia e poi inviate a Basilea per la stampa, si estendono oltre al fiammingo Stephan van Calcar, che firma lo straordinario frontespizio, allo stesso Tiziano che del Calcar era il maestro e a Domenico Campagnola,) tra il 1539 e il 1542, in cui rivive la strordinaria vitalità della più originale ispirazione del maestro300
La Veduta di Venezia – le cui matrici originali sono conservate ancora a Venezia, Museo Correr - sembra essersi configurata, almeno nell’intenzione dei suoi realizzatori, essenzialmente come una grande impresa commerciale piuttosto (o oltre) che come un’opera d’arte. Anton Kolb é l’estensore, nell’ottobre 1500 della supplica al Senato veneziano per l’esenzione del pagamento del dazio di esportazione degli esemplari pubblicati e l’esclusiva della stampa delle matrici, concessione, quest’ultima, che ottenne per quattro anni. Cfr. da ultimo, A volo d’uccello 1999 e Wilson 2005, pp. 25-30. Nato a Venezia, Jacopo de’ Barbari fu pittore nella bottega del Vivarini, ma la sua attività principale, avviata nell’ultimo decennio del secolo, é la produzione grafica, che gli valse, oltre a numerosi commissioni in Germania, alla corte dell’imperatore Massimiliano I d’Asburgo e Federico il Saggio, e nelle Fiandre, anche l’ammirazione dello stesso Dürer, che ebbe modo di conoscere a Venezia nel 1494-95. L’incontro tra i due artisti é di estrema importanza e determina influenze reciproche ; dal canto suo Jacopo si rivela “nordico” sin dalle sue prime stampe, rivelando una particolare attenzione allo stile di Schongauer, come testimoniano le incisioni relizzate tra il 1498 e il 1500, felice esito delle due diverse tradizioni, veneta e tedesca. Per la bibliografia aggiornata sul De Barbari, cfr. Callegari 2005, pp. 129-30 cui si aggiunga Le Siècle de Titien 2003, pp. 13-19 e schede I.7-14, pp. 36-49.
Per la produzione xilografica di Tiziano, cfr. H. Tietze-E. Tietze-Conrat, Titian’s Woodcuts, “The Print Collector’s Quarterly”, XXV (1938), pp. 332 sgg., 464 sgg.; F. Mauroner, Le incisioni di Tiziano, Padova, 1941 ; P. Dreyer, Tizian und sein Kreis, Berlin, 1971 ; Karpinski 1976 ; Muraro-Rosand 1976, Muraro 1978 ; Dreyer 1980 ; Oberhuber 1980.
Significativa, a questo proposito, la xilografia nell’edizione Marcolini de Il Petrarca spirituale del 1536, per la quale, cfr. infra. I primi due decenni del Cinquecento vedono sorgere e tramontare la tentazione dello stato territoriale, ma rimane il progressivo ridursi della ricchezza marittima, sia per l’avanzare dei Turchi, sia per le nuove scoperte e il crescere di nuove potenze coloniali. Ne consegue la contemporanea spinta alle nuove e più facili ricchezze della terraferma, che comportò una visione della natura che costituì una novità per i Veneziani e una fonte di un diverso e ben allettante interesse. La Natura diviene, allora, qualche cosa di vero, e non soltanto di immaginario.
Sul trattato del Vesalio, e ancor più sulle sue illustrazioni, la bibliografia é smisurata, ma completa e ciclicamente aggiornata all’indirizzo http://vesalius.northwestern.ed. Si rinvia quindi a Three Vesalian Essays 1952 ; Histoire de la médecine 1964, pp. 130-144, all’esauriente C. D. O’Malley, Andreas Vesalius of Brussels, 1514-1564, Berkeley-Los Angeles, 1965 e soprattutto, per l’aspetto illustrativo, a Muraro-Rosand 1976, pp. 123-33, con bibliografia e a Muraro 1980, che estende l’attribuzione tradizionale delle tavole a Jan Steven Van Calcar, allievo di Tiziano e autore del frontespizio, anche a Domenico Campagnola, Jacopo Sansovino e allo stesso Tiziano; dal punto di vista del complesso rapporto intessuto nel trattato fra il testo e l’immagine, cfr. invece Kemp 1999, pp. 67-84.