IV.4 - Lione: una produzione figurata “non pareille”

Certamente queste novità parigine dovettero circolare in Laguna ancora fresche d’inchiostro, come d’altronde abbiamo visto dovette accadere per le incisioni su foglio sciolto453. Ma negli anni a cavallo del secolo, gli scambi più diretti, almeno nel campo dell’illustrazione libraria sono certamente con Lione: reciproche influenze, sicuramente più di Venezia su Lione, almeno in campo iconografico, ma certamente un comune sentire.

A partire dalla metà degli anni ‘40 infatti, Parigi, capitale dell’illustrazione libraria fin dalla fine del XV secolo, comincia ad essere eclissata da Lione, la sua più grande rivale nel campo stesso della produzione editoriale. Città mercantile di cultura franco-italiana, la città rhonalpina vive, tra il quinto e il settimo decennio del secolo, l’âge d’or di quel particolare prodotto dell’industria tipografica che é il “figurato”, riuscendo persino ad insidiare l’indiscusso primato di Venezia454.

Come abbiamo visto, le sue officine e botteghe librarie erano in stretto contatto con Basilea, e furono degli stampatori lionesi che, alla fine del quarto decennio, ebbero il privilegio di apporre la propria marca su due delle più famose serie xilografiche su disegni di Holbein, le “Icones” bibliche e le cosiddette “Figure della morte”, contribuendo alla loro diffusione in tutta Europa455 [Fig.45].

L’altissima qualità del disegno e la finezza dell’intaglio di queste xilografie ebbero un’influenza fondamentale sugli artisti locali: stimolati da tali modelli, i lionesi si sbarazzarono velocemente degli arcaismi che connotavano la loro produzione precedente e furono in grado di accogliere i nuovi fermenti manieristi avendo sotto gl’occhi un esempio perfetto di padronanza della tecnica incisoria [Fig.46].

La serie biblica di Holbein, in particolare, ebbe una profonda influenza sulle innumerevoli edizioni illustrate e raccolte “emblematiche” della Bibbia - le cosiddette “Figures” o “Quadrins historiques” - intraprese a partire dal quinto decennio dagli editori lionesi e diventate una vera e propria “specialità” locale: in esse l’illustrazione dell’episodio biblico era generalmente accompagnata da qualche verso in volgareche ne commentava, contribuendo ad imprimerlo nella memoria, il significato morale456 [Fig.47-48].

E’ di questi anni il fiorire nell’antica Lugdunum, sempre più fiera delle sue sedicenti origini più antiche di quelle di Roma, degli studi antiquari, mentre vi continuava a prosperare la tradizione di quelli medici, favoriti dalla sempre crescente importanza della città come centro ospedaliero, branche entrambe incoraggiate dalla possibilità di poter diffondere i propri risultati grazie alle accurate edizioni locali, all’occorrenza riccamente corredate d’illustrazioni, che raggiungevano le librerie di tutta Europa457.

Sempre in questo arco di anni, Lione si propone poi come culla dell’“illustration” del francese come lingua che ha raggiunto una sua autonomia letteraria, e dai suoi torchi ne escono i frutti più alti: dal Pantagruel di Rabelais, che soggiornò e lavorò in città, agli altri libri del suo gran romanzo, alle opere di Maurice Scève, di Barthélemy Aneau e delle poesie di Louise Labé, mentre a Parigi e nella Valle della Loira fioriva la Pléiade con Ronsard e Du Bellay, la città viveva gl’anni di maggior vivacità culturale della sua storia, fortemente permeata dalla luce del Sud e dalla presenza italiana458. La – a dir il vero non attivissima – committenza artistica, d’altronde, si rivolgeva alle novità della penisola, anche grazie al tramite di personaggi come l’influente cardinale De Tournon, che in Italia soggiornò a più riprese459.

In città, poi, erano attivi anche alcuni calcografi – Jean de Gourmont, Corneille de Lyon e Georges Reverdy - che collaborarono a più riprese anche con il mondo del libro e le cui stampe – per la maggior parte a soggetto religioso, antichizzante e allegorico – ben rappresentavano il fondersi di influenze italiane e tedesche, caratteristica della contemporanea produzione incisoria francese460.

Ispirandosi soprattutto alla decorazione italiana e antichizzante di gran voga a Fontainebleau, a partire dal quinto decennio del secolo gli xilografi lionesi si dedicarono all’illustrazione di tutto il repertorio possibile di titoli “figurabili”.

Oltre ai “grandi classici” - dalle officine della città uscirono le più belle edizioni illustrate delle Metamorfosi di Ovidio, dell’Eneide di Virgilio o delle Favole di Esopo – e della Bibbia, i librai di Lione eccellevano anche nell’edizione di generi “letterari” che si basavano essenzialmente, se non interamente, sull’immagine: prima fra tutti la produzione emblematica, con a capo gli Emblemi dell’Alciati e poi, come si é detto, i Quadrins historiques – o Figures - de la Bible 461.

Per quasi un ventennio, dunque, Lione diffuse nell’Europa intera libri di piccolo formato, decorati da una moltitudine di xilografie di altissima qualità, che rappresentavano una sorta di condensato della nuova cultura: l’Antichità classica da un lato, il rinnovato interesse per la lettura del testo sacro dall’altro. Questa prolifica attività verrà però bruscamente interrotta: le guerre di religione che sconvolsero la città all’inizio degli anni ‘60, dispersero l’industria della stampa come quella dell’incisione: fuggiti perlopiù a Ginevra, artigiani e stampatori lionesi vi trasferiscono, quando possibile, con i loro preziosi strumenti di lavoro, e dalla città calvinista continueranno ad usare le matrici incise in Francia, prolungando la tradizione dell’illustrazione lionese dall’esilio.

Nonostante non possa essere esaurito tra questi due soli poli d’eccellenza, i migliori prodotti del “figurato” lionese sono sostanzialmente il frutto di due grandi officine di editori-librai, anch’essi, come i colleghi veneziani, implicati in prima persona nella concezione e realizzazione dei loro prodotti, moderni imprenditori che, per nobilitare le loro edizioni, si assicurano a loro volta la collaborazione stabile, se non del tutto esclusiva, di due abili artisti e di certamente più di un intagliatore: Jean de Tournes si accaparra la mano del migliore, Bernard Salomon, altrimenti noto come il “Petit Bernard”, uno dei rari artisti del libro di cui conosciamo nome e cognome, se non molto altro, mentre Guillaume Rouillé, affida numerose commesse a Pierre Eskrich, più incline alla riproduzione, se non al plagio, di modelli altrui secondo uno stile che ben lascia intravvedere le sue origini nordiche462.

Jean de Tournes aveva cominciato la sua carriera come compositore tipografico presso i fratelli Trechsel prima e Sébastien Gryphe poi, un altro famoso editore lionese specialista delle edizioni dei classici e delle contraffazioni aldine. Dal 1542 si mette in proprio e inizia a stampare le eleganti edizioni dei classici in latino e greco, di cui molte nel nuovo piccolo formato, e di testi religiosi e letterari che lo hanno iscritto nell’albo d’oro della storia del libro. A differenza del suo ex-principale, Jean si dedica ben presto alla stampa e alla diffusione di letteratura in lingua volgare, per la maggior parte in francese, ma anche in italiano - le prime edizioni lionesi di Dante e Petrarca escono dai suoi torchi - e in altre lingue nazionali, tutte caratterizzate dalla bellezza dei caratteri e dalla chiarezza e raffinatezza della mise en page. Ma i suoi annali non si limitano certo alla letteratura, presentando una varietà e un’ampiezza tali da connotare uno sforzo produttivo del tutto moderno: opere mediche, scientifiche, giuridiche e testi di storia e geografia, una varietà che, da un lato, riflette una valutazione pragmatica dei bisogni di un mercato di scala sempre più ampia, soprattutto laico e debordante dalla ristretta cerchia della clientela universitaria, dall’altro testimonia un’adesione personale a certi valori culturali e religiosi sempre più fermamente improntati alla causa della Riforma463.

E’ la stessa politica editoriale condivisa dal suo più giovane concorrente, Rouillé, e in certa misura, da Vincenzo Valgrisi a Venezia: un sapiente melange di senso pratico, di convinzioni etiche, di volontà di diffusione della nuova cultura prodotta in lingua volgare e, last but not least, una radicata convinzione nel ruolo educativo, oltre che estetico, dell’immagine. Lo testimoniano le sue stesse parole a commento delle serie d’illustrazioni bibliche che decorano le sue edizioni:

‘“Les choses d’instruction qui son représentées à la veüe et par icelle ont entree en l’apprehension et de là en avant en l’entendement et puis en la memoire esmeuvant et incitant davantage, et demeurent plus fermes et stables que celles qui ont leur seule entrée par l’oreille. A cause de quoy ay fait dresser ce présent Livret de figures prinses sur les histoires du nouveau Testament et concernans les principaux articles, mystères et points de nostre salut avec l’exposition, en petits vers, mise brièvement au dessouz de chacune d’icelles. Recevez le donq, Lecteurs, pour récréation à l’oeil, ayde à la mémoire, contentement à l’esprit que Dieu vous vueille tousiours garder à son honneur et louenge eternelle”464

La collaborazione con Bernard Salomon iniziò intorno al 1545 e produsse, a ritmo sostenutissimo, alcuni dei capolavori del libro illustrato lionese del Rinascimento fino alla morte dell’artista, che dovette avvenire nei primi anni del settimo decennio465.

E’ nel 1547 che cominciano a comparire alcuni dei suoi corredi più riusciti: le cento xilografie per le Fables di Esopo nella traduzione di Gilles Corrozet, la cui mise en page é anch’essa strutturata secondo la tripartizione emblematica (“titolo” – immagine – testo)466 [Fig.49]; le 113 tavole per gli Emblèmes dell’Alciati, che fecero imporre le edizioni De Tournes di tale testo su di un mercato in pieno rigoglio467 [Fig.50]; le Marguerites de la Marguerite des princesses di Margherita di Navarra, in cui il racconto La Coche é corredato di undici piccole scenette, tra le quali una notevolissima scena campestre: l’incredibile finezza dell’intaglio, la resa dei particolari naturali e la distribuzione dei piani ne fanno un vero capolavoro [Fig.52-55], come d’altronde é la vera e propria “vista sulla collina di Fourviere” che orna la Saulsaye di Maurice Scève468 [Fig.56].

Al 1551 datano le 118 vignette per le Devises heroïques di Claude Paradin (che diventeranno 182 nell’edizione del 1557)[Fig.51],all’anno seguente le belle tavole per i primi quattro libri dell’Eneide [Fig.57-58] e al 1553 le 64 per la Métamorphose, autrement, l’asne d’or de L. Apulee 469.

Dei due più grandi progetti artistici del tandem De Tournes-Salomon il primo é senza dubbio la serie biblica, apparsa nel 1553 e reimpiegata in proporzioni variabili nelle diverse edizioni dei Quadrins historiques de la Bible (con 74 xilografie, in realtà relative alla Genesi, accompagnate dalle quartine di Claude Paradin), dei Quadrins historiques de l’Exode (125 legni) e nelle Figures du Nouveau Testament (95 illustrazioni)470 [Fig.47-48]

Il secondo appare nel 1557, ed é riconoscito all’unanimità quale il punto più alto non solo dell’arte di Salomon, ma dell’illustrazione del libro lionese: si tratta de La Métamorphose d’Ovide figurée, dedicata a Diana di Poitiers, che vi si trova raffigurata nelle sembianze della dea di cui portava il nome471. Le 178 vignette, ancora una volta disposte secondo il formato emblematico, sono tutte inserite in preziosissime cornici, lavorate a cesellatura finissima o popolate da figure grottesche tipiche delle declinazioni nordiche del genere, con piccoli personaggi mostruosi o rabelaisiani472 [Fig.61-62].

Rivolgendosi al lettore dalla prefazione agl’Hymnes du temps et de ses parties, anch’essi ornati da 17 xilografie del nostro [Fig.59-60], Jean de Tournes testimoniava l’intenzione di non lasciare disoccupato il suo artista “feticcio”, celebrando il suo nome per la prima (e l’ultima) volta:

‘“J’espère que tu y prendras quelque délectation, pour estre le tout sorti de bonne main; car l’invention est de M. Bernard Salomon peintre autant excellent qu’il y en ait point en nostre hémisphère, [...] t’asseurant que si je vois que tu les reçoives en bonne part, je te feray voir en brief quelques autres semblables livrets”473

La morte del “Petit Bernard”, interruppe i loro progetti, e le edizioni successive al 1560 contengono praticamente solo delle nuove tirature dei vecchi legni.

Aprendo un libro illustrato da Bernard Salomon, si é subito colpiti da alcune caratteristiche delle sue composizioni, tra le quali spiccano certamente le minuscole dimensioni, il dinamismo e il gusto per la raffigurazione del dato naturale.

I suoi personaggi sono dotati di grande vivacità, grazie alle loro pose, quasi passi di danza, e ai gesti sempre un po’ concitati, ma contraddicono a qualunque dettame di realismo anatomico: i corpi sono allungati e sottili, spesso avvitati su se stessi, figurette che guizzano quasi come fiammelle, dai visi lunghi e magri, le estremità assottigliate, che terminano in accenni minuti. L’espressività gestuale dei personaggi contrasta con le teste, praticamente solo accennate; gli abiti, di foggia antichizzante riflettono lo splendore lussuoso del più tipico gusto bellifontano, ma é difficile coglierne i particolari nella resa diafana della consistenza dei tessuti; le donne hanno spesso un’acconciatura che si appunta sulla sommità della nuca e un velo leggero, gonfiato dalla brezza a formare una mezza luna tra il capo e la vita, che conferisce movimento e leggerezza, accompagnando appunto quel lieve sfiorare che costituisce il massimo del contatto con il terreno di minuscoli piedini.

In ristrettissime composizioni si accumulano i dettagli pittoreschi. In microcosmi di pochi centimetri quadrati, si scoprono macrocosmi di particolari vivacissimi nonostante l’allusività impressionistica. Le architetture, palazzi, templi e piazze pubbliche, statue, piramidi e obelischi, spesso allo stato di rovine, proprio come negli affreschi, tappezzerie e incisioni bellifontane rigogliano di decori. Ma l’ambiente può esser ben più semplice: le ambientazioni non disdegnano il mondo contemporaneo e l’architettura “vernacolare” lionese: case cittadine come fattorie e mulini di campagna.

Sapiente é l’uso del chiaro-scuro e della variazione dei toni, ma sempre giocati su una levità e leggerezza che, se riesce abilmente a rendere l’effetto della pluralità dei piani prospettici, accenna solamente alla volumetria di corpi ed oggetti.

Sebbene sia difficile individuare puntuali o precise analogie iconografiche con la produzione incisa fuoriuscita dal cantiere, é indubitabile che l’opera illustrativa di Salomon rappresenti il migliore esempio della presenza bellifontana nella contemporanea illustrazione editoriale. Al di là dell’innegabile eco delle migliori edizioni parigine di poco precedenti, si pensi all’Orus Apollo di Kerver o a quelle uscite per i tipi di Janot, i due aspetti più importanti in cui nelle sue xilografie si verifica la rielaborazione del manierismo francese - e dunque la diffusione presso un pubblico ben più vasto, di invenzioni preziose e raffinate fino ad allora accessibili ad una ristretta cerchia aristocratica - sono sicuramente due: la miniaturizzazione e il paesaggio.

La maestria tecnica con cui sono realizzate queste vignette di dimensioni ridottissime, riesce infatti a far rientrare una pletora di dettagli tutti resi finemente, in poche decine di centimetri quadrati: gruppi di personaggi - spesso vere e proprie scene di folla, si pensi alle battaglie della Bibbia - riescono a muovervisi agevolmente, spesso interagendo fra loro. La forza interna che coagula i diversi elementi delle piccole composizioni non é però certamente quella del naturalismo, del tentativo di riprodurre mimeticamente il reale, ma, invece, il ritmo che le pervade come una forza centripeta.

E’ l’effetto della trasposizione, sulle pagine dei libri, di quello “style miniature” che caratterizzava molta di quella produzione incisoria bellifontana, che, a partire dal sesto decennio, forniva modelli alle più svariate declinazioni delle arti decorative474.

Nella creazione di disegni e particolari per la decorazine di oggetti preziosi, soprattutto d’oreficieria, questo stile giocava un ruolo essenziale, potendo rendere, lui solo, forme precise, immediatamente riconoscibili, in una scala ridottissima immediatamente “leggibile”. Fu attraverso di esso, infatti, impiegato su medaglie, placchette, stampe ed altri oggetti d’arte di dimensioni miniaturizzate – dunque facilmente trasportabili e relativamente durevoli - poi, che gli artisti europei, ed in particolare quelli del Nord, poterono acquisire una conoscenza diretta del nuovo vocabolario istituito dall’arte raffinata del manierismo francese475.

Davanti alle pagine delle squisite edizioncine di De Tournes, lo spettatore-lettore é fatto gigante in un universo lilliputziano, in cui il dinamismo delle figure, basato in gran parte sull’assunto manierista, si combina insolitamente, bizzarramente, e sorprendentemente con il senso dell’ornamento astratto: era la risposta ad un gusto per il prezioso, il complesso, alla densità decorativa in una scala e in un formato che sapevano d’antico e, dunque, di terribilmente moderno476

Vero protagonista di moltissime delle xilografie salomoniane é il paesaggio, raffigurato secondo una concezione pienamente monumentale, nonostante le dimensioni: montagne e valli lontane, spiagge e rive di fiumi o di laghi, distese d’acque in cui affiorano piccole isole, l’ampiezza del suo respiro é sottolineata dalla linea dell’orizzonte che lo definisce e dal cielo, la cui vastità é sottolineata dalle nuvole e dal volo di stormi di uccelli, che gli conferisce apertura e luce. Gli gli alberi vi hanno tronchi nodosi e rami pendenti, quasi gocciolanti verso il suolo, vi si aggirano animali resi con grazia; centrale – come non potrebbe essere altrimenti dopo Fontainebleau - risulta sempre la presenza dell’acqua, rieccheggiata nella liquidità intrinseca del tratto che definisce i contorni delle figure come delle cose e che, se indugia nell’alludere a minimi dettagli, nega i volumi in un continuo e panico guizzo lineare.

Ovunque si percepice la presenza della Natura, nonostante essa non si ripeta mai uguale: essa fa da sfondo agli episodi biblici, accompagna la vita di nobiluomini e gentili dame in piacevoli diporti, assiste e, naturalmente, partecipa in prima persona, alle Metamorfosi : é veramente una visione tutta francese, un mondo ideale in cui uomo e natura si sintonizzano in un’armonia creata da un sottile, ritmico interscambio, quasi classico nel suo equilibrio e nella sua purezza, così diverso dalla pienezza sensuale dei contemporanei paesaggi veneti e dalla robustezza terrena, terrosa, di quelli fiamminghi477.

In un gioco di specchi, dal grande al piccolo e di nuovo al (più) grande, le invenzioni del “Petit Bernard”, grazie al successo e all’immediata e capillare diffusione delle edizioni di De Tournes rappresentarono a loro volta un consultatissimo repertorio non solamente per altri illustratori e xilografi, ma soprattutto per le arti decorative, in primis, naturalmente, la ceramica, quando non per la pittura stessa478 [Fig.63].

L’altro grande editore lionese produttore di “figurati” fu senza dubbio Guillaume Rouillé, un altro “français italianisant”, che era partito alla volta della Serenissima, dove aveva svolto il suo apprendistato presso Giovanni prima e Gabriele Giolito e che, una volta tornato a Lione, divenne uno dei più intraprendenti editori e librai del suo tempo, non solo per le sue iniziative editoriali, ma anche e soprattutto grazie all’estesissima rete commerciale europea che seppe crearsi479. Grazie a quest’ultima, Rouillé fu infatti grado di assicurare una vasta e capillare diffusione alla sua produzione che ricopriva i più svariati ambiti disciplinari (opere di religione, diritto, medicina, poesia e letteratura per la maggior parte contemporanea, compresi numerosi racconti di viaggio) e di cui più di un terzo era redatto in lingue volgari – francese, italiano e spagnolo. Di conseguenza, egli ricoprì un fecondo ruolo di intermediario culturale e letterario – e grazie ai suoi “figurati”, sicuramente anche artistico – fra l’Italia, della cui cultura fu il più importante promotore a livello editoriale in tutto l’Esagono - la Francia e la Penisola iberica, dove aveva impiantato filiali e magazzini e a cui rivolgeva una fetta importante del suo catalogo, fatta di traduzioni in castigliano di originali francesi o italiani480.

Rouillé non fu mai uno stampatore, ma un gran “marchand-libraire”: dopo aver selezionato gli autori e i titoli che intendeva inserire nel suo catalogo, si avvaleva dei migliori collaboratori editoriali, tra i quali figuravano i più noti eruditi del tempo, e maestri stampatori, primo fra tutti Macé Bonhomme, Thibaud Payen, lo stesso De Tournes e persino Gabriel Giolito, per produrre libri curati tanto nella correttezza dei contenuti che nella veste editoriale, arricchita di tutto ciò fosse suscettibile di rendere la lettura più agile e rapida (indici, glossari, sommari, ma anche formati più maneggevoli – e meno cari – per i testi di diritto e medicina pensati appositamente per il pubblico studentesco)481.

Molte e di grande qualità furono le edizioni illustrate che uscirono con la sua marca e vendute all’ “Escu de Venise”, per realizzare i corredi delle quali si servì dell’opera di alcuni dei più abili artisti, xilografi e calcografi locali, primo fra tutti il - per certi versi ancora misterioso sebbene assai prolifico - Pierre Eskrich, cui si é ora d’accordo per riconoscere un corpus di xilografie apparse soprattutto nelle edizioni ad istanza del Rouillé482. Per molti dei corredi di cui gli si vuole riconoscere la paternità, Eskrich copiò quelli realizzati da Bernard Salomon per gli stessi titoli usciti dai torchi De Tournes (Les Marguerites, le Métamorphosesdi Ovidio, due serie bibliche da cui furono tratte ancora una volta alcune edizioni di Quadrins e Figures, gli Emblemata dell’Alciati ecc. [Fig.64-65]), rendendo ben difficile se non sovente, assolutamente impossibile, la distinzione tra gli originali e le copie. Per le numerose edizioni dei classici italiani che Rouillé ripropose sul mercato lionese, la maggior parte dei quali pubblicati a Venezia dal Giolito, Eskrich sfruttò invece le invenzioni dei colleghi veneziani, traducendole in uno stile “alla Salomon”: ciò avviene nelle vignette dei Trionfi nel Petrarca, nelle numerose edizioni in diversi formati del Decamerone e dell’Orlando furioso, quest’ultimo pubblicato da Rouillé in versione spagnola e italiana (in un minuscolo formato in-16), o ancora nel Dante, in cui invece si rifà al bel corredo dell’edizione Marcolini483 [Fig.66-67].

La sua mano si può forse distinguere da quella del suo più dotato modello nell’accentuarsi delle musculature, nel tratto più sommario, nella pesantezza più sgraziata delle ombreggiature e in una generalizzata minore eleganza, propria di una copia che non sia reinterpretazione di genio. Di sua propria invenzione, invece, sembrano essere le fantasiose e “bizzarre” composizioni di cariatidi, sfingi, chimere, mascheroni e moresche che ornano cornici e frontespizi, chiaramente ispirate agli stucchi di Fontainebleau ma come affette da una pesantezza e spigolosità tutte nordiche[Fig.68].

Il rapporto di Rouillé con Eskrich non fu così esclusivo come quello che legò De Tournes a Salomon: per molte altre delle sue edizioni illustrate, dei generi più disparati, si pensi ai numerosi trattati d’emblematica e d’antiquaria - tra cui il Promptuaire des medailles, di cui é lui stesso l’autore, una sorta di Who’s who della storia universale decorato da pseudo-ritratti in formato numismatico, declinato anch’esso nelle versioni latina, francese, italiana e spagnola – ma anche la sua ultima imponente impresa editoriale, l’Historia Generalis Plantarum del 1586, dovette servirsi di altri artisti locali. Per un’edizione particolarmente prestigiosa, quella della descrizione di Maurice Scève dell’Entrée di Enrico II a Lione nel 1548, ebbe tra l’altro la possibilità di avvalersi della collaborazione dello stesso Bernard Salomon484 [Fig.69-72].

Notes
453.

Purtroppo all’ora attuale non disponiamo di alcuna testimonianza né di alcun contributo o studio dedicato alla presenza e alla circolazione d’incisioni bellifontane nelle collezioni veneziane.

454.

Cfr. Brun 1969, pp. 67-85.

455.

Cfr. supra, nota 118 e 119 e scheda 2.

456.

Cfr. Engammare 1994, 1995 e 2003 e infra. Le tavole di Holbein ispirarono numerose altre serie bibliche europee, tra le quali di particolare interesse risulta quella calcografica dell’Antico testamento pubblicata a Parigi da Pierre Regnault nel 1538 e 1544, opera di Jacques Le Fèvre. Noto anche con il nome germanizzato di Jacob Faber, quest’ultimo era un incisore francese che fu per un certo tempo attivo a Basilea, presso Froben, ma che parallelamente ebbe un attivo ruolo di agente indipendente per la commissione e la vendita di legni e lastre fra la Svizzera e la Francia (Parigi ma anche Lione), e per il quale lavorarono sia Holbein che Lützelburger. Cfr. Landau-Parshall 1994 p. 216. Strettamente dipendente da quella holbeiniana risultano anche le serie realizzate da Virgil Solis, Biblische Figuren des Alten und Newen Testament, pubblicata a Francoforte nel 1560 da S. Feyerabend, il ciclo di Tobias Stimmer, Neue Künstliche Figuren Biblischer Historien, impiegato da Tomas Guarin a Basilea nel 1576 e, come é ormai noto, la serie veneziana della Bibbia edita dagli eredi di Gabriele Giolito de’Ferrari. Un altro caso di incisioni realizzate da Holbein a Basilea e stampate a Lione più di vent’anni dopo é quello dell’Hortulus Animae, un libro di preghiere anch’esso pubblicato da Jean Frellon nel 1546, in cui compaiono le xilografie “à la manière criblée”, concepite nel 1521-23 per l’edizione, progettata, ma mai realizzata, da Jacob Faber. La notevole intensità drammatica, e la teatralità compositiva che le pervade, in particolar modo nelle scene in cui prevale la centralità del Cristo, sono proprie della sensibilità della devotio moderna nordica. Cfr. Bätschmann-Griener 1997, p. 90.

457.

Per il milieu antiquario lionese e i suoi rapporti con il mondo dell’editoria, cfr. M. Varille, Antiquaires lyonnais de la Renaissance, “Revue du Lyonnais”, XII (1923), pp. 440-467; Cooper, 1988 e Idem, L’antiquaire Guillaume Du Choul et son cercle lyonnnais, in Lyon et l’illustration 2003, pp. 261-289; J. Guillemain 1993 e Andreoli 2006 con bibliografia. Per la medicina a Lione, cfr. V. L. Saulnier, Lyon et la Médecine au temps de la Ranaissance, “Revue Lyonnaise de Médecine”, 1958, pp. 73-83; B. Rossignol, Médecine et Médicaments au XVIe siècle à Lyon, Lyon, 1990 con bibliografia.

458.

Cfr. Lyon et l’illustration 2003, in particolare Balsamo 2003 e i precedenti Humanisme lyonnais 1974 ; Rinascimento a Lione 1988 ; Intellectual Life 1993 ; Lyon, les années Rabelais 1994. Per la presenza italiana e il ruolo della cultura italiana in Francia e a Lione, cfr. oltre alle pioneristiche ricerche di E. Picot 1906 e 1918 e La Pléiade e il Rinascimento italiano, atti del convegno (Roma, 1976), Roma, 1977 ; Mélanges à la mémoire de Franco Simone. France et Italie dans la culture européenne, Genève, 1980-84, 4 voll. ; Rozzo 1988 ; Scrivano 1998 ; L’Ecrivain face à son public en France et en Italie à la Renaissance, actes du colloque (Tours, 1986), éd. C. A. Fiorato et J. C. Margolin, Paris, 1989 ; Du Po à la Garonne. Recherches sur les échanges culturels entre l’Italie et la France à la Renaissance, actes du colloque (Agen, 1986), Agen, 1990 ; La Circulation des hommes et des oeuvres entre la France et l’Italie à l’époque de la Renaissance, actes du colloque (Paris, 1990), Paris, 1992 ; N. Bingen, Philausone, Genève, 1994 ; Passer les Monts. Français en Italie, l’Italie en France, actes du colloque (Paris-Reims, 1995), Paris, 1997 ; Albonico 2000. Una ricca bibliografia sull’argomento, aggiornata fino al 1994 é in J. Balsamo, La France et sa relation à l’Italie au XVI siècle. (Bibliographie 1985-1994), “Nouvelle Revue du Seizième siècle”, XIII (1995), pp. 167-189, ora aggiornato in Balsamo 2003.

459.

Per il cardinal De Tournon, cfr. M. François, Le cardinal François de Tournon (1489-1562), Homme d’Etat, Diplomat, Mécène et Humaniste, Paris, 1957 ; per l’arte lionese del Rinascimento, di cui, anche tenendo conto della virulenza dell’iconoclastia protestante, ci restano troppo poche tracce, cfr. Zerner 1996, pp. 323-330 ; per la presenza e il mecenatismo dei fiorentini, soprattutto in campo architettonico, cfr. Iacono-Furone 1999. Ricordiamo almeno L’incredulità di San Tommaso di Francesco Salviati, ora al Louvre, commissionata da Tommaso II Guadagni per la chiesa lionese di Notre-Dame de Confort (les Jacobins). Cfr. la scheda di C. M. Goguel in Francesco Salviati 1998, n. 36, pp. 146-49.

460.

Se si esclude la produzione bellifontana, la storia e l’evoluzione dell’incisione francese del Rinascimento sono ancora poco studiate. Fa ora riferimento Gravure française 1995 : per Lione, in attesa della pubblicazione della tesi di dottorato di Estelle Leutrat, si vedano le pp. 383-95, Zerner 1967 e 1996, pp. 326-27.

461.

Per i rimandi bibliografici, cfr. supra, note 214 e 231.

462.

Per l’annoso (quanto, sostanzialmente, sterile) dibattito sulla distinzione o meno delle due attività di disegnatore e incisore nella produzione xilografica, cfr. Sharrat 2005, pp. 47-59. E’ sicuramente più interessante, invece, segnalare la recentissima comparsa sul mercato di 40 disegni attribuiti a Bernard Salomon che ora arricchiscono le collezioni della Bibliothèque municipale di Lione, del Louvre, della Houghton Library di Harvard e del Boymans Museum di Amsterdam. Cfr. Christie’s, Old Masters and Nineteenth Century Drawings, 6 july 2004 ; Sharrat 2005, pp. 63-64.

463.

De Tournes fu attivo come editore dal 1542 al 1564, producendo più di cinquecento edizioni. A differenza di Rouillé, che vedremo impegnato su uno scenario veramente internazionale, De Tournes si propone come il riferimento editoriale dei circoli intellettuali cittadini. Non presentandosi mai come un dottrinario ortodosso nei confronti delle idee riformate, fu tramite le sue edizioni della Bibbia, del Nuovo Testamento in francese e italiano e dei Padri della Chiesa in volgare che meglio servì la causa protestante, non disdegnando d’altronde di dar voce ai protestanti meno allineati. Cfr. M. Audin, Les Jean de Tournes, imprimeurs lyonnais du XVIe siècle, “La Revue du lyonnais”, 13 (1924), pp. 5-43; Cartier 1937-38; Zamon-Davis 1983a, pp. 265-68.

464.

Les Figures du Nouveau Testament, Lyon , De Tournes, 1554, “L’imprimeur au lecteur salut”.

465.

Per Bernard Salomon é ora opera di riferimento Sharrat 2005, che pur non apportando alcuna novità sostanziale ha sicuramente il merito di assemblare e riproporre i risultati della bibliografia precedente, tra cui fondamentale continua ad essere N. Rondot, Bernard Salomon, peintre et tailleur d’histoires à Lyon, au XVIe siècle, Lyon, 1897 ; cfr. anche Brun 1969, pp. 77-80 e ora anche l’ambizioso progetto di R. A. Baron, Bernard Salomon Project (2002), cosultabile all’indirizzo http://www.studiolo.org/BSProject/BSindex.htm. Ottantacinque dei legni originali di Bernard Salomon sono conservati al Musée d’Art et d’Histoire di Ginevra, dove avevano seguito l’erede di Jean de Tournes, Jean II. Cfr. Sharrat 2005, pp. 62-63.

466.

Les Fables d’Esope Phrygien, mises en Ryme Françoise. Avec la vie dudit Esope extraite de plusieurs autheurs par M. Antoine du Moulin Maconnois, Lyon, De Tournes et Guillaume Gazeau, 1547. Cfr. Cartier 1937-38, n. 71 ; Sharrat 2005, n. 5, pp. 272-74. Ristampata nel 1549, 1551 e 1583.

467.

Clarissimi Viri D. Andreae Alciati Emblematum libri duo, Lyon, De Tournes et Guillaume Gazeau, 1547. Cfr. Cartier 1937-38, n. 72 ; Sharrat 2005, n. 4, pp. 271-72. Quest’edizione latina fu riedita nel 1549 e nel 1554 ; De Tournes ne pubblica una versione francese nel 1548, ripresa poi nel 1549 e 1555

468.

Marguerites de la Marguerite des Princesses, tresillustre Royne de Navarre, e Suyte des Marguerites de la Marguerite des Princesses tresillustre Royne de Navarre, Lyon, De Tournes, 1547, cfr. Cartier 1937-38, n. 105 ; Sharrat 2005, n. 7, pp. 275-76. Ristampata nel 1549, 1551 e 1583 ; [M. Scève] Saulsaye. Eglogue de la vie solitaire, Lyon, De Tournes, 1547. Cfr. Cartier 1937-38, n. 102 ; Sharrat 2005, n. 8, pp. 276-77.

469.

Devises heroïques, Par M. Claude Paradin, Chanoyne de Beaujeu, Lyon, De Tournes et Gazeau, 1551. Cfr. Cartier 1937-38, n. 201 e 379 ; Sharrat 2005, n. 16, pp. 283-84, n. 41, p. 308 ; Les Quatre Premiers livres de l’Eneïde de Virgile translatez de Latin en François par M. Loys des Masures, Tournisien, Lyon, De Tournes, 1552. Cfr. Cartier 1937-38, n. 236; Sharrat 2005, n. 19, pp. 285-86; La Métamorphose, autrement, l’asne d’or de L. Apulee de Madaure Philosophe platonique. Traduite de Latin en nostre Vulgaire par George de la Bouthiere Autunois, Lyon, De Tournes et Gazeau, 1553. Cfr. Cartier 1937-38, n. 239 ; Sharrat 2005, n. 23, pp. 289-90.

470.

Cfr. Cartier 1937-38, n. 240-43, 268-69; 360 ; 392 ; 470 ; Sharrat 2005, nn. 24-27, pp. 290-93 ; n. 30-31, pp. 295-96 ; nn. 42-3, p. 308 ; n. 49-50, pp. 314-15 ; cfr. anche Ibidem, pp. 129-150 e pp. 247-258.

471.

La Metamorphose d’Ovide figuree, Lyon, De Tournes, 1557. Cfr. Cartier 1937-38, n. 376 e 446 ; Sharrat 2005, nn. 39-40, pp. 305-7 e n. 45, pp. 309-11 e pp. 150-165 e 258-263 ; Caracciolo 2003.

472.

Questi “encadrements”, riscossero un tale successo che furono poi più volte reimpiegati persino da soli, per decorare thesaurus e album amicorum in cui gli umanisti del tempo collezionavano i ritratti, le firme e le “imprese” dei loro amici. Cfr. M. Audin, Les Thesaurus amicorum de Jean de Tournes, Lyon, 1927 e Sharrat 2005, pp. 60-62 e n. 40, pp. 306-7.

473.

G. Guérolt, Hymnes du temps et de ses parties, Lyon, De Tournes, 1560, cfr. Cartier 1937-38, n. 456; Sharrat 2005, n. 48, pp. 313-14.

474.

La miniaturizzazione dell’immagine era stata favorita dalla forte domanda per le riproduzioni dei famosi capolavori del Rinascimento italiano : esse, condensate e ridotte, acquistavano un carattere misterioso, una distanza che, nel suo proprio registro, era quasi altrettanto emozionante che l’impatto grandioso esercitato sugli spettatori che si confrontavano in situ con le potenti visioni di Michelangelo o Raffaello. Ma si pensi anche e soprattutto alla prepotente moda contemporanea della decorazione a grottesche e ai rilievi decorativi che Primaticcio – tutti giocati sul contrasto scala monumentale/miniatura – aveva eseguito a Palazzo Té, per cfr. supra, nota 197.

475.

Riservata spesso ad oggetti d’uso come coppe, piatti, spade, gioielli che rivestivano un ruolo “personale” nella vita dei loro proprietari, la miniaturizzazione tipica di un incisore-orafo come Etienne Delaune e degli “ornemanistes” della sua cerchia fece penetrare l’arte raffinata del manierismo attraverso la via dell’Europa del Nord in maniera eccezionalmente diretta ed intima. Con Delaune, il vocabolario del tardo Rinascimento italiano cade letteralmente in mano francese, ed é proprio grazie al gran numero d’incisioni, quasi tutte di piccole dimensioni da lui realizzate per primo, a partire all’incirca dal sesto decennio che lo stile bellifontano conobbe la sua prima grande onda di diffusione nell’Europa del Nord. Molti altri artisti francesi si dedicarono, come Delaune, alla produzione d’incisioni di piccolissimo formato, concepite essenzialmente all’uso degli artigiani che lavoravano metalli preziosi: armaturieri, ricamatoru, vetrai, legatori eccetera, ed é proprio perché gl’incisori che avevano trasposto le opere dei maestri più rappresentativi del Rinascimento erano essi stessi profondamente radicati nella tradizione artigianale, che le loro “versioni miniaturizzate” risultavano particolarmente simpatetiche a coloro i quali erano destinate. Così é a Delaune, Woeriot, Jacques Androuet Du Cerceau e a qualche altro erede di questi “klein-meister” che si deve essenzialmente riconoscere il merito di aver diffuso il linguaggio del tardo Rinascimento in tutta l’Europa del Nord, fino a quel momento sottomessa all’influenza tedesca. Sarà molto spesso tramite l’ulteriore e nuova elaborazione cui li sottoporranno artisti nordici e fiamminghi che il repertorio decorativo bellifontano, che dalla maniera italiana era nato, ritornerà in madrepatria: si pensi al caso di Venezia, dove durante la seconda metà del secolo giunsero molti artisti fiamminghi, e alla vasta circolazione della profusione di raccolte d’incisioni di modelli decorativi che uscirono dalle botteghe del Nord. Cfr. Eisler 1965.

476.

Dovettero essere le prime complesse composizioni del Rosso realizzate per la galleria, caratterizzate dal forte contrasto fra le superfici riservate alla pittura narrativa e i minuscoli rilievi delle cornici, a favorire la nuova moda della scala ridotta. Il suo gusto per queste dimensioni “bizzarre” e certamente meno impegnative e più ricercate della scala monumentale che caratterizzava i cantieri romani, dovette spingerlo a praticare lui stesso la miniatura, se Vasari riporta che eseguì per Francesco I delle “cose rarissime” “in minio”. Nessuna di queste opere ci é nota, ma dovettero avere notevole influenza non solo su Delaune e Du Cerceau, ma anche sugli artisti, tra cui Niccolò Dell’Abate, impegnati a partire dal 1549 nella decorazione dello splendido Libro d’Ore del Connéctable Anne de Montmorency, conservato a Chantilly. Cfr. Eisler 1965, p. 13; Livres d’heures royaux, n. 23, pp. 57-58.

477.

Per l’importanza del paesaggio nella cultura bellifontana, cfr. Golson 1969.

478.

Per l’influenza esercitata da Salomon sulle arti, cfr. ora Sharrat 2005, pp. 181-207 e la bibliografia relativa, pp. 366-370, della quale qui si ricordino solamente J. Thirion, Bernard Salomon et le décor des meubles civils français à sujets bibliques et allégoriques, in Cinq Etudes lyonnais, Genève, 1966, pp. 55-68 ; P. Arizzoli-Clémentel, Une boiserie peinte et dorée du début du XVIIe siècle au Musée des Arts décoratifs de Lyon : exemple de l’influence du graveur lyonnais Bernard Salomon sur les arts mineurs, “Bulletin des Musées et Monuments lyonnais”, 2 (1990), pp. 7-9; Istoriato 1993; Caracciolo Arizzoli 2003; Leutrat 2003. Per il libro illustrato come repertorio di modelli, cfr. supra.

479.

Una volta rientrato in Francia, Rouillé trovò impiego, sicuramente grazie alle relazioni dei Giolito, presso Vincenzo Portonari, della famiglia di stampatori lionesi originari di Trino, in Piemonte, come d’altronde i Giolito. Sposatane la sorella e succedutogli a capo dell’impresa, Guillaume trasformò l’impresa di Vincenzo, per altro navigante in cattive acque, in una vera e propria industria editoriale su scala europea, alla cui marca furono stampate qualcosa come 830 edizioni, cfr. Baudrier 1964, X ; Picot 1906, I, pp. 183-220 ; Salomon 1965 ; Zemon Davis 1966 ; Zemon Davis 1983 ; Giudici 1985 ; Albonico 2000 ; Nuovo-Coppens 2005, pp. 41-45 ; Andreoli 2006 e Cap. I.3

480.

Per le edizioni italiane di Rouillé, cfr. Picot 1906, pp. 183-220 e per la sua importanza per la diffusione dell’italianismo cfr. ora Balsamo 2003, pp. 215-220. Per le sue edizioni spagnole, cfr. Salomon 1965. Per il ruolo di Lione nella diffusione della cultura spagnola in Francia, cfr. M.-A. Etayo-Piñol 2000, pp. 451-168.

481.

Rouillé produsse lotti di tiratura sotto il nome di Giolito, come nel caso della Historia naturale di Gaio Cecilio del 1546 o si associò al veneziano per un’impresa ambiziosa come la stampa del Missale Romanorum del 1550. Cfr. Nuovo-Coppens 2005, p. 68.

482.

Su questo artista regna da sempre molta confusione, sia perché é noto con nomi differenti (Eskreich, Pierre Vase, o Vase – una parte della sua produzione può essere identificata infatti grazie alle iniziali “PV” – Pierre Cruche o Krug, sia soprattutto perché é alquanto difficile distinguere tra le sue opere e quelle del suo modello, Bernard Salomon. Doveva esser nato a Parigi, figlio di Jacob Eskrich, uno xilografo originario di Friburgo, e arrivare a Lione nel 1548 dove restò solamente per qualche anno, prima di trasferirsi, senza dubbio “religionis causa” a Ginevra nel 1552 e rimanervi, salvo alcuni soggiorni a Lione nel 1562 e 1564, fino al 1565, quando ritornò stabilmente nella città rhonalpina fino al 1590. Cfr. Rondot 1898 e 1901 ; Audin 1967 ; Baudrier 1964-65, IX ; Brun 1969, pp. 81-85 ; Engammare 2003 ; Sharrat 2005, pp. 38-45 con completa bibliografia precedente.

483.

Per le edizioni del Decameron e dell’Orlando Furioso, cfr. schede 3 e 4 ; per il Dante del Marcolini, cfr. infra.

484.

Tra i testi d’emblematica si ricordi la Picta poesis di B. Aneau (1552), tradotta in francese con il titolo di Imagination poetique, il Dialogo dell’imprese militari et amoroso del Giovio (1559) e numerose opere di Gabriel Symeoni, Le imprese heroiche et morali, in versione italiana e latina (1559), il Dialogo pio e speculativo e Le sententiose imprese et dialogo (1560) ; tra quelli d’antiquaria, le opere di Guillaume Du Choul, il Discours sur la castramentation et discipline militaire des anciens Romains (1555) e il Discours sur la religion des anciens Romains (1556). Rouillé fu l’editore anche del resoconto dei viaggi in oriente del Nicolay, Les quatre premiers livres des navigations (1567), arricchito da 60 tavole calcografiche e della prima edizione francese dei Commentaires al Dioscoride del Mattioli (1572). Una lista cronologica delle edizioni illustrate di Rouillé é fornita da Baudrier 1964, IX, pp. 42-59. Per l’Entrée, cfr. l’edizione anastatica con l’introduzione di R. Cooper, Tempe, 1997 ; per il Promptuaire, cfr. Andreoli 2006, per Du Choul, cfr. R. Cooper, L’antiquaire Guillaume Du Choul et son cercle lyonnais, in Lyon et l’illustration 2003, pp. 261-308.