Parte III : Panorama della produzione figurata valgrisina

Gli “annali” delle edizioni illustrate uscite dai torchi di Vincenzo Valgrisi si presentano come un panorama quasi completo delle declinazioni dell’illustrazione editoriale cinquecentesca: dalla medicina alla letteratura, dalla botanica alla geografia, dalla numismatica alla trattatistica antiquaria.

Non potendo analizzare approfonditamente in questa sede tutti i figurati alla marca del serpente sul Tau ne offriamo qui di seguito una lista commentata, soffermandosi un po’ più a lungo su quei casi che, pur non rientrando strettamente nell’assunto della presente ricerca, risultano comunque particolarmente significativi.

Considerando come “illustrate” le edizioni dotate di un corredo di incisioni, realizzate espressamente per accompagnarne il testo, i titoli “figurati” usciti dai torchi del Valgrisi sono diciotto. Dei corrispondenti corredi, nove, sono stati reimpiegati da una a più volte in riedizioni o traduzioni dello stesso testo.

Due altre edizioni, invece, presentano una sola tavola, di cui uno é un frontespizio.

Dal punto di vista delle tecniche impiegate, la maggior parte delle serie é realizzata tramite matrici xilografiche, tre soli quelli calcografici.

Nell’analizzare l’insieme della produzione figurata valgrisina é poi importante distinguere tra i corredi realizzati espressamente su iniziativa del Valgrisi da quelli di edizioni che sembrano invece state da lui stampate per conto dell’autore o dell’editore del testo - cui sembra da riferirsi la responsabilità della realizzazione del corredo - o di un altro stampatore, responsabile – e proprietario – delle matrici: dai lavori su commissione, insomma.

Come vedremo in dettaglio, le prime due edizioni illustrate in ordine cronologico del catalogo valgrisino presentano corredi che risultano “copie”, o meglio due “reinterpretazioni” di altrettanti già realizzati per accompagnare precedenti edizioni precedenti dello stesso testo.

Le xilografie impiegate nell’edizione del De chirurgica institutione di Jean Tagault (1544) sono la “versione veneziana” di quelle dell’edizione apparsa a Parigi per i tipi del Wechel, solo l’anno prima, e a loro volta tratte da quella di un manuale di chirurgia allora celeberrimo, il Feldtbuch der Wundartzney del medico di Strasburgo Hans von Gersdorf, la cui princeps, stampata a Strasburgo, risaliva al 1517. Ad esse si aggiungevano tre tavole anch’esse copie di altrettante Tabulae anatomicae del Vesalio, pubblicate nel 1538 a Venezia da Bernardino de Vitalis515.

La serie holbeiniana della Danza della Morte che accompagna i Simolachri, historie, e figure de la morte (1545) é invece interamente ripresa dalla stampa delle matrici originali realizzate a partire dai disegni di Holbein, che accompagnavano la versione francese e latina del testo - anch’esso riproposto a Venezia dal Valgrisi e che non é altro che la Medicina dell’anima di Urbanus Rhegius – già pubblicate a Lione, dai fratelli Frellon, a partire dal 1542516.

L’esordio di Vincenzo sulla scena della produzione veneziana di “figurati” é dunque caratterizzato da un investimento prudente: una novità francese di argomento medico accompagnata da poche illustrazioni e destinata sicuramente a suscitare interesse e ad ottenere buoni risultati di vendita (Vincenzo la ristampò nel 1549), e un librettino “mal sentant” di grande attualità, e sicuro successo – come testimoniano gli atti del processo del 1570 - certamente anche grazie al suo corredo illustrativo di straordinaria qualità.

Un rischio limitato, dunque, non solo dal sicuro smercio dei due titoli, ma anche dal fatto che i due corredi illustrativi non richiedevano l’“invenzione” ex novo delle immagini, ma solamente la loro riproduzione. In realtà, il risultato non é affatto quello di una copia pedissequa, piuttosto, appunto, quello di una reinterpretazione, pur nella piena fedeltà al modello: le immagini del trattato di chirurgia, che nella precedente edizione francese conservavano una certa rigidezza di stampo nordico, appaiono ora sotto una luce pienamente rinascimentale, mentre la teoria dei macabri assalti alle varie tipologie umane acquista, nell’edizione lagunare, inediti chiaroscuri.

Vincenzo comincia a commissionare la realizzazione di corredi “nuovi”, che caratterizzassero in maniera originale le sue edizioni a partire dai primi anni del decennio successivo: la serie delle dieci tavole xilografiche a piena pagina inserite in cornici relative alla vita dell’allegra brigata del Decamerone compare nella prima edizione valgrisina, quella del 1552, mentre le 46 tavole, anch’esse xilografiche e a piena pagina per l’Orlando furioso (che diventano 51 a partire delle edizioni che contengono anche i Cinque Canti, a partire dal 1565), ornano le due edizioni (in-4, inserite in cornici e in-8) del poema ariostesco stampate dal Valgrisi nel 1556. Nel 1557 compare anche la prima edizione del Furioso in-24 lungo, ornata da minuscole vignette decorate da scene estratte dalle tavole impiegate per i due formati maggiori517.

Anche qui, l’investimento economico per la realizzazione dei legni veniva affrontato in piena sicurezza, con la certezza, anzi, che avrebbe reso ancora più appetibili le edizioni di due titoli “sicuri”, quali erano in quel momento i due classici della letteratura italiana contemporanea.

Senza dubbio, le illustrazioni si inserivano nel solco della tradizione iconografica stabilita dalle edizioni precedenti – probabilmente frutto della stessa bottega, o almeno di una stessa tradizione venziana, come abbiamo cercato di dimostrare - e guardavano, naturalmente, alle contemporanee soluzioni elaborate per le edizioni giolitine, che rappresentavano i prodotti più aggiornati in tale senso; ma é innegabile che questi due corredi si distinguano dalla tradizione iconografica precedente, non solo per il formato – la piena pagina – ma soprattutto per l’eleganza e la particolare qualità e finezza dell’intaglio, rappresentando in certo modo il risultato più alto della produzione xilografica al suo tramonto, un canto del cigno che, se é ancora pienamente in grado di rivaleggiare con i più fini risultati della calcografia contemporanea, dimostra, nella miniaturizzazione dell’immagine e nella qualità principalmente decorativa della linea, la conoscenza delle più aggiornate soluzioni della Maniera, italiana come transalpina.

Notes
515.

Cfr. Scheda 1

516.

Cfr. Scheda 2

517.

Cfr. Scheda 3 e 4