L’Opera omnia di Galeno

L’imponente Opera omnia di Galeno in dieci volumi, più uno di indici, che Vincenzo pubblicò nel 1562, dovette essere pensata nell’ambito del catalogo di titoli ad argomento medico, che comprendevano tanto le più recenti novità italiane e straniere, che le nuove edizioni dei classici.

Una storia affascinante quella che si nasconde dietro le sue illustrazioni: esse, concentrate soprattutto nei libri VII (De fasciis e Oribasius ex Heliodoro de machinamentis) e X (Galeni in Hippocratem de fracturis e de articulis) sono tratte dalle centoventi xilografie dell’edizione della Chirurgia e Greco in Latinum conversa di Guido Guidi (Vidius Vidius), edita a Parigi da Pierre Gaultier nel 1544, derivanti a loro volta dalle miniature di una compilazione di testi medici antichi riuniti a Costantinopoli alla fine del IX secolo o all’inizio del X, un manoscritto ora conservato alla Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze530.

Questo codice, acquistato da Jan Lascaris a Creta per la famiglia de’ Medici nel 1492, e portato a Roma in seguito alla morte di Clemente VII e dello stesso Lascaris, entrò a far parte della collezione di un appassionato bibliofilo, il cardinale Nicolò Ridolfi, per ritornare in mano medicea solamente alla morte di quest’ultimo, nel 1550. Fu proprio il Ridolfi il committente della copia del codice, suddivisa tra un manoscritto in greco e un altro in latino, le cui illustrazioni furono realizzate da Francesco Salviati e da un suo assistente. Il Salviati era infatti un protetto del cugino del Ridolfi, il, a sua volta cardinale, Francesco Salviati, cui doveva il suo patronimico.

I due manoscritti furono infine offerti a Francesco I, da cui i fiorentini esiliati, capeggiati segretamente dal Ridolfi, attendevano l’aiuto necessario a scacciare i Medici da Firenze. Incaricato di sovrintendere alla realizzazione delle miniature, fu il Guidi che, chiamato a Parigi come medico personale del re francese, gli recapitò le due preziose opere all’inizio del 1542. Dai bei disegni salviateschi furono dunque tratte le anonime 210 xilografie corredo dell’opera a stampa del Vidius, che esercitò una grande influenza e fu tradotta ben presto in francese da François Le Fèvre.

Ancora una volta, dietro ad un’edizione del Valgrisi si scopre un “precedente” lionese: un’edizione della traduzione del Le Fèvre apparsa a Lione nel 1553 per i tipi di Guillaume Rouillé, infatti, presentava già copie ridotte dei legni parigini531.

Nelle edizioni a stampa dell’opera chirurgica del Guidi, le illustrazioni presentano una stretta relazione con il testo cui si riferiscono: nell’edizione veneziana, soprattutto nel caso di funzionamento di “macchine” o di bendaggi, numeri di riferimento rimandano alle didascalie esplicative. Nel caso di raffigurazioni di manipolazioni da compiere sul corpo del paziente, poi, le modalità sono rappresentate tramite la raffigurazione di coppie di mani.

Per le Vite plutarchiane nella traduzione del Sansovino, pubblicate nel 1564, Vincenzo fece realizzare dei begl’inquadramenti xilografici, di sette tipologie differenti, con un tassello intercambiabile nella parte superiore, in cui potevano essere alloggiate le matrici raffiguranti i ritratti “numismatici” degli illustri di cui il testo narra le gesta. Nonostante alla mise en page siano stati aggiunti dei legni decorativi ai lati e in testa alla pagina, forse motivati dalla scelta di un formato più grande di quello previsto inizialmente (le cornici sembrano piuttosto corrispondere ad un formato in-8, piuttosto che ad un in-4), il corredo sembra essere stato realizzato proprio per quest’edizione, e sembrano provarlo proprio i due alloggiamenti, quello appunto per il ritratto, alla sommità della cornice e quello previsto per la corta biografia del personaggio, al centro, nello spazio lasciato bianco ad imitare un drappo.

Un investimento di questo genere permetteva certamente di valorizzare una volgarizzazione di sicuro successo, come questa di Plutarco, considerato al tempo stesso un manuale di storia, un testo edificante ma anche una lettura ricreativa, che soddisfava la curiosità del nuovo ceto alfabetizzato verso le vicende e le avventure degli uomini illustri del passato, ora raccontate nella più comoda lingua italiana532.

Al tempo stesso, cornici di questo genere, decorati da tutto il repertorio antichizzante di moda all’epoca (cariatidi, putti, mascheroni, vasi, ghirlande eccetera), avrebbero potuto essere facilmente reimpiegati in altre occasioni, sebbene non sembra che Vincenzo abbia avuto altre possibilità di “amortizzare” il suo investimento, essendo questa l’unica edizione del suo catalogo in cui essi vengono impiegate.

Notes
530.

Per i codici bizantini, cfr. la scheda di G. Lazzi in Vedere i classici 1996, n. 17: pp. 196-8. Per il codice salviatesco e l’edizione parigina da esso tratta, cfr. A. Cecchi e le schede di M. Hochmann in Francesco Salviati 1998, p. 71 e nn. 133 e 134, p. 322-325 con bibliografia precedente.

531.

Les anciens et renommes avcteurs de la medicine et chirurgie. Hippocrates Des ulceres Des fistules Des playes de la teste Avec les commentaires de Guy Vide sur chascun livre Hippocrates Des fractures Des articles De l’officine du chirurgien Avec les commentaires de Galien Galien Des bandes Oribase De lacqs Des machines & engins. Le tiut traduict fidelement du Grec & du Latin en Francoys par un Docteur en medecine, & illustré de figures, par lesquelles la chose est au vif representee. Aveq une table tres-ample de toutes les matieres principales, Lyon, Guillaume Roville, a l’escu de Venise, 1555. Cfr. Baudrier 1964, IX, pp. 223-24. Altre copie delle xilografie parigine accompagnavano il testo del Vidius incluso nella Chirurgia del Gesner stampata a Zurigo dai Gessner.

532.

Per l’importanza di Plutarco nel Rinasciento, cfr. Biografia dipinta. Plutarco e l’arte del Rinascimento 1400-1550, a cura di Roberto Guerrini, La Spezia, 2001, in particolare, R. Guerrini, Icone plutarchee. Illustrazioni da stampe delle vite parallele in latino e in volgare, pp. 101-154.