Schede

Scheda 1

Jean Tagault

Ioannis Tagaultii Ambiani Vimaci, parisiensis medici, De chirurgica institutione libri quinque, iam denuo accuratius recogniti, ac a mendis plenisque vindicati. His accessit sextus liber de materia chirurgica, authore Iacobo Hollerio Stempano, medico parisiensis.

Venetiis: ex officina erasmiana apud Vincentium Vaugris prope horologium Divi Marci, 1544

In –8 ; [32], 417, [21] c.; segn.: α-δ8, a-z8, A-Z8, AA-HH8, II6

Illustrazioni

c. 143r:  De sagittis, plumbeis glandibus, et globis ferreis, ac quibuscunque aliis telis, e corpore extrahendis. Corpus multifariam vulneratum, xilografia a piena pagina (cm 11x8)

c. 143v: Quomodo plumbea glans, aut globus, a ferentariis, & levis armaturae militibus emissus, extrahatur, xilografia a piena pagina (cm 11x8).

cc. 152r-v, 153r-v: Forcipes denticulatae, ad evellendum spinas, ossicula aspera et pungentia, aculeos quoque; & mucrones infixos, aliaque id genus acuta. Dieci xilografie, prive di cornice, raffiguranti i componenti di otto strumenti chirurgici, disposte due per carta.

c. 337r: Formula Glossocomi, instrumenti ad gignendum callum in fracturis idonei, cuius pluribus in locis meminit Galenus. Due xilografie (circa cm 10x3,4), prive di cornice, raffiguranti il “glossocomio” applicato al femore e alla rotula al fine di correggerne l’anchilosi. Le lettere si riferiscono alla legenda sottostante.

c. 348v: Humanis corporis ossa Parte anteriori expressa, xilografia a piena pagina (cm 12x6,5 circa) raffigurante lo scheletro umano visto di fronte. Le lettere rappresentano il riferimento per la legenda che si trova sulla pagina a lato.

c. 350r: ΣΚΕΛΕΤΟΝ a tergo delineatum, xilografia a piena pagina (cm 12x6,5 circa) raffigurante lo scheletro umano visto di spalle. Le lettere rappresentano il riferimento per la legenda che si trova sulla pagina a lato.

c. 351r: lateralis ΣΚΕΛΕΤΟΥ, xilografia a piena pagina (cm 12x6,5 circa) raffigurante lo scheletro umano visto di profilo. Le lettere rappresentano il riferimento per la legenda che si trova sulla pagina a lato.

Reimpiegate in :

  • Jean Tagault

Ioannis Tagaultii Ambiani Vimaci, parisiensis medici, De chirurgica institutione libri quinque, iam denuo accuratius recogniti, ac a mendis plenisque vindicati. His accessit sextus liber de materia chirurgica, authore Iacobo Hollerio Stempano, medico parisiensis.

Venetiis: ex officina Erasmiana, Vincentii Valgrisii, 1549

In-8; [56], 660, [92] p.; segn: a-c8 d4 A-Z8 AA-ZZ8 &&4

Le illustrazioni sono ora collocate a p. 227, 228, 241-244, 532, 550, 552 e 554.

  • Vesalius, Andreas ; Borgarucci, Prospero

Andreae Vessalii Bruxellensis, philippi Hispaniarum regis medici, Chirurgia magna in septem libros digesta: in qua nihil desiderari potest, quod ad perfectam, atque integram de curandis humani corporis malis, methodum pertineat. Ab excellen. philosopho, ac medico regio Prospero Borgarutio, recognita, emendata, ac in lucem edita. Forma etiam instrumentorum quibus chirurgi utuntur, his in libris apprime descripta. Cum amplissimis indicibus tum capitum: tum rerum omnium memorabilium.

Venetiis: ex officina Valgrisiana, 1568 (Venetiis: ex officina Valgrisiana, 1568)

In-8; [27], 475, [1] c.; segn.: a4 c-e8 A-Z8 Aa-Zz8 Aaa-Nnn8 Ooo4

Le illustrazioni sono collocate a cc. 76-77r-v, cc. 133-136r-v, cc. 210v e 211-215r-v:

  • Vesalius, Andreas ; Borgarucci, Prospero

Andreae Vessalii Bruxellensis, Philippi Hispaniarum Regis, Medici, Chirurgia Magna in septem libros digesta: In qua nihil desiderari potest, quod ad perfectam, atque integram de curandis humani corporis malis, methodum pertineat. Prosperi Borgarutii Excellentissimi Philosophi, ac Medici Regii, opera, atque diligentia expolita, emendata, in ordinem digesta, comparata, & ut sua edita. Cum amplissimis Indicibus tum capitum: tum rerum omnium memorabilium.

Venetiis: ex officina Valgrisiana 1569 (Venetiis: ex officina Valgrisiana 1569)

In-8; [40], 475, [1] c.; segn.: a-e8 [mancante del fascicolo b], A-Z8, Aa-ZZ8, AAa-NNn8, OOo4

Le illustrazioni sono collocate a cc. 76-77r-v, 133-136r-v, 210v e 211-215r-v.

La chirurgia ebbe a lungo vita a parte rispetto al divenire della medicina. Presenti negli ospedali, sui campi di battaglia e nelle strade per operazioni di chirurgia riparatrice, di avulsioni dentarie, di estrazioni della pietra e di ablazioni del cristallino e così via, i chirurghi ebbero solamente molto tardi un riconoscimento ufficiale delle loro abilità pratiche, spesso considerate di bassa manovalanza, frutto, come per altri mestieri, di apprendimento per apprendistato. Ancora più tardi la chirurgia assunse il suo statuto di scienza medica545.

La riforma vesaliana, che aveva trasformato l’anatomia insieme all’anatomista, sostituendolo al settore o al chirurgo nell’operazione pratica di sezionatura del cadavere, giovò in effetti anche alla chirurgia, che, acquisendo conoscenze anatomiche più raffinate e assorbendo l’atteggiamento critico nei confronti della medicina araba, condiviso anche da molti medici e docenti universitari, portò al perfezionamento della tecnica chirurgica sia negli interventi di routine, sia in operazioni molto complesse di chirurgia plastica o cranica. Miglior palestra per l’esercizio e lo sviluppo della chirurgia furono sen’altro, in età moderna, i campi di battaglia. Qui il cerusico militare doveva intervenire, in tempi rapidi e in condizioni non agevoli, sulle ferite e sulle fratture causate dalle armi da fuoco, sicuramente più devastanti di quelle prodotte dalle armi da taglio. All’evoluzione delle tecniche operatorie si adeguò anche lo strumentario del cerusico e il luogo del suo operare, tanto che sempre più spesso le opere di chirurgia si copletano non solo con i pareri favorevoli dei medici a riprova della bontà degli interventi, ma anche con la raffigurazione dell’ “officina” e dei ferri del mestiere, a sottolineare l’organizzazione della pratica e la sua relativa autonomia dall’anatomia, con la quale per altro aveva più di un’affinità.

I trattati di chirurgia del Cinquecento non ebbero, salvo pochi esempi, la sontuosità di quelli dedicati all’anatomia, primo fra tutti il celeberrimo trattato vesaliano. I chirurghi, di formazione e mentalità pratica, digiuni o quasi di latino, si accontentavano il più delle volte di edizioni modeste, e la loro arte aveva sicuramente meno bisogno dell’immagine di quanto potesse averne l’anatomia, della quale continuava a restare la ‘parente povera’. Si trattava di solito di piccoli volumi in-8, poco cari e comodi da maneggiare, che essendo strumenti di uso comune nell’attività giornaliera del cerusico, sono raramente presenti nei fondi delle biblioteche. Le illustrazioni, piuttosto semplici e schematiche, mostravano soprattutto esempi di ferite, o strumenti e tecniche d’operazione; fu solamente alla fine del secolo che alcuni autori cominciarono a nutrire un certo interesse per la qualità delle tavole impiegate ad illustrare i loro testi546.

L’opera di Jean Tagault, professore di chirurgia e già decano della facoltà di medicina di Parigi, deve la sua genesi a quello che si rivelò come un doloroso scacco professionale del suo autore: nel 1541, venuto a conoscenza del fatto che Francesco I intendeva istituire una cattedra di chirurgia al Collège de France, e ben deciso ad ottenerla, egli pensò di mettersi in buona luce redigendo un trattato dedicato alla sua arte547. Le sue speranze furono purtroppo disattese dal momento che l’anno seguente il re chiamò invece a corte Guido Guidi, un giovane medico fiorentino già famoso in patria per il suo talento e per la sua conoscenza approfondita del greco, che nominò suo primo medico personale oltre che lettore reale di chirurgia al Collège548. I De chirurgica institutione libri quinque di Tagault erano però ormai redatti e furono pubblicati, unitamente ad un sextus liber di Jacques Houllier, a Parigi da Chretien Wechel, uno stampatore di origine tedesca, specializzato nella pubblicazione di testi di medicina importati dalla madrepatria549. Era il 1543, lo stesso anno dell’editio princeps del De humani corporis fabrica del Vesalio a cura e per i torchi dell’editore di Basilea Johannes Oporinus, ma le cui splendide tavole erano uno dei prodotti più alti dell’arte xilografica veneziana550.

Stampato in un in-folio piccolo, formato certamente dettato dall’importanza dell’occasione, il testo dei cinque libri di Tagault é corredato da dieci tavole xilografiche, tra cui cinque a piena pagina e una decina d’illustrazioni raffiguranti strumenti chirurgici che ne occupano altrettante [Fig. 9-13]. Tra questi ultimi compare anche il “glossocomio” una “macchina” inventata da Galeno per ridurre le lussazioni e raddrizzare le anchilosi, qui applicato al femore e alla tibia, come già avveniva nell’iniziale figurata del trattato del Vesalio [Fig. 14] 551.

Si tratta però, per così dire, di illustrazioni “di seconda mano”: se infatti i tre scheletri – visti di fronte, di profilo e di lato con un accenno di prato che ambienta le scene in un esterno [Fig. 15-17] sono copie delle altrettante Tabulae anatomicae del Vesalio, pubblicate nel 1538 a Venezia da Bernardino de Vitalis552 [Fig. 18], le altre [Fig. 3 e 7]sono tratte dal Feldtbuch der Wundartzney, l’allora celeberrimo trattato di chirurgia del medico di Strasburgo Hans von Gersdorf553 [Fig. 1 e 5].

Le più interessanti sono certamente due delle cinque tavole a piena pagina (le altre tre sono dedicate agli scheletri), che raffigurano, l’una, un uomo colpito da ogni sorte di proiettile o arma contundente, e una scena d’estrazione di una freccia sul campo di battaglia, l’altra: ne seguiremo, tra i moltissimi reimpieghi che conobbero nel corso del secolo, il pellegrinaggio da Strasburgo a Lione via Parigi e Venezia e le diverse interpretazioni di cui furono oggetto

L’edizione valgrisina dell’opera del Tagault rappresenta un valido esempio della strategia del Valgrisi volta a riproporre sul mercato le più recenti novità in campo medico, ricorrendo almeno per quanto riguarda i testi, praticamente al plagio554: perfettamente identica nei contenuti a quella parigina dell’anno precedente, con il solo spostamento dell’indice dalle pagine liminari a quelle finali, essa é corredata da copie delle illustrazioni fatte realizzare dal Weschel, a loro volta tratte da un’edizione illustrata del manuale del Gersdorf.

Le xilografie parigine conservavano in toto lo stile tedesco dei prototipi, caratterizzati da tratti marcati e da un espressionistico realismo, sottolineato da un violento uso del contrasto chiaroscurale: é versione prosaica dell’iconografia del vir doloris, il cui volto si contrae in una smorfia di sopportazione penosa, lame, punte e bastoni si conficcano in una pelle che appare coriacea e quasi legnosa555. A terra una pianta – o forse un albero in lontananza - e qualche filo d’erba, accennano ad un’ambientazione en plein air [Fig. 1-2].

Nella scena seguente, un chirurgo militare é impegnato ad la freccia conficcata nel petto di un soldato ferito, che, seduto su di uno sgabello con la camicia aperta, viene sorretto da un aiutante il cui volto é seminascosto da un cappello piumato. Sullo sfondo infuria la battaglia tra due eserciti, resi con un tratto piuttosto semplificato, che si affrontano tra due boschetti e ai due lati di una collina con un castello sulla cima. Le ombre e i volumi sono resi da un tratteggio fitto e denso che rende i lineamenti netti e marcati [Fig. 5-6].

Un’atmosfera completamente diversa regna nelle copie veneziane: aggraziato come un San Giovanni Battista parmigianinesco, un giovane muscoloso ma asciutto si sottopone al suo martirio epidittico riuscendo persino ad accennare un lieve sorriso [Fig. 3]. Il tratto, fine e preciso, rende con precisione i particolari, siano essi barba, capelli, le dita - che, noncuranti della situazione mantengono imperturbabili una una posa manierata - le piume delle frecce o i fili d’erba nel terreno; i volumi e le ombre sono tratteggiati con delicatezza. Altrettanto accade nella scena di estrazione della freccia [Fig. 7]: come nella xilografia originale e nella copia parigina, anche qui il paziente, con lunghi baffi appuntiti, reagisce al dolore stringendo con la destra lo sgabello e con la sinistra la sua gamba, ma ora ricerca lo sguardo del suo – tutto terreno - salvatore con espressione implorante, mentre l’assistente, il cui cappello riccamente piumato si intravvede ora da dietro la sua schiena, lo sorregge tenendolo per le spalle e controllandone con una certa curiosità il livello di sofferenza. Il chirurgo, che ora ostenta una folta barba che gli attribuisce un aspetto, al tempo stesso, più anziano e più esperto, opera con precisione, maneggiando con cura uno strumento ben più sottile (e si spera verisimile) di quello del “collega” francese. Nello sfondo, al di là di un avvallamento, i due eserciti, composti da figurette senza volto allungate come fiammelle, incrociano le loro lance al di sopra di un caduto che, separandoli, segna anche il punto di fuga dell’intera composizione. Il terreno erboso del secondo piano, reso con un tratteggio leggero alternato ad ampie porzioni di bianco, aiuta a concentrare l’attenzione sulla scena in primo piano e a conferire respiro all’intera composizione.

Tre anni dopo l’opera di Tagault fu ristampata a Lione per il grande editore e libraio Guillaume Rouillé, anch’egli un punto di riferimento per la pubblicistica medica del Cinquecento556. La sua edizione, anch’essa in-8, con gl’indici ricollocati alla fine del testo, ripropone la stessa lettera dedicatoria a Francesco I e la medesima prefazione al lettore delle edizioni Weschel e Valgrisi, ma una terza e differente versione delle illustrazioni tratte originariamente dal trattato del Gersdorf [Fig. 4 e 8] 557.

Per limitarsi alle due xilografie più significative, la prima, ovvero quella dell’uomo “bersaglio” é una copia – in controparte e dall’espressione vagamente più patetica - dell’“interpretazione” veneziana, mentre la scena di estrazione della freccia, leggermente modificata nell’impianto (il paziente guarda ora verso l’assistente che gli sorregge la testa e gli posa la mano sul braccio destro, mentre il chirurgo, con i suoi strumenti in un astuccio appeso alla cinta, “opera” dalla parte sinistra della composizione) é ricentrata sul solo primo piano ed ambientata ai piedi di un albero, su di uno zoccolo erboso. Le figurette, disarticolate, allungate ed impressioniste – nel più tipico stile della xilografia lionese dell’epoca, sfoggiano abiti meno “nordici” e più francesi, barbette appuntite e cappelli dalle larghe piume558. Il tratto é sottile e liquido tanto nelle estremità umane che in quelle naturali, i volumi appena accennati da un’ombreggiatura leggera e spaziata, talvolta più marcata da un tratteggio incrociato.

Nell’ottica della nostra ricerca, questa “triangolazione” germano-franco-italiana é particolarmente significativa: come vedremo - e anche per illustrazioni di più alto valore qualitativo - non é infatti un caso isolato che, in questo stesso giro di anni, modelli iconografici nordici giungano a Venezia tramite edizioni francesi, e che intraprendano nuovamente, una volta rielaborate in Laguna, il valico transalpino559.

Notes
545.

Cfr. Morello 2004, pp. 79-80.

546.

Per i trattati di chirurgia del Cinquecento, cfr. G.-A. Cremer, Le Corps blessé : quatre siècles de chirurgie, Paris, Musée de la médecine de Paris et Académie de chirurgie, 1996. Per la loro illustrazione, cfr. Histoire de la médecine 1962, pp. 149-191 e Andreoli 2004, pp. 117-124. Per la storia della medicina a Venezia nel Cinquecento, cfr. Ongaro 1981

547.

Cfr. Histoire de la médecine 1962 pp. 152-3; Andreoli 2004, p. 118.

548.

Per Guido Guidi (Vidius Vidius) e le illustrazioni del suo trattato, cfr. scheda ??? relativa all’opera omnia di Galeno, pubblicata da Valgrisi nel 1562

549.

Cfr. H. Elie 1954 e cap. I. 2.

550.

Sul trattato del Vesalio, e ancor più sulle sue illustrazioni, la bibliografia é smisurata, ma completa e ciclicamente aggiornata all’indirizzo http://vesalius.northwestern.ed. Si rinvia quindi a Three Vesalian Essays 1952 ; Histoire de la médecine 1964, pp. 130-144, all’esauriente C. D. O’Malley, Andreas Vesalius of Brussels, 1514-1564, Berkeley-Los Angeles, 1965 e soprattutto, per l’aspetto illustrativo, a Muraro-Rosand 1976, pp. 123-33, con bibliografia e a Muraro 1980, che estende l’attribuzione tradizionale delle tavole a Jan Steven Van Calcar, allievo di Tiziano e autore del frontespizio, anche a Domenico Campagnola, Jacopo Sansovino e allo stesso Tiziano; dal punto di vista del complesso rapporto intessuto nel trattato fra il testo e l’immagine, cfr. invece Kemp 1999, pp. 67-84.

551.

Per lo straordinario alfabeto figurato “a tema” del trattato del Vesalio, quasi un “pendant” dell’alfabeto macabro di Holbein, cfr. S. W. Lambert, The initials Letters of the Anatomical Treatise, “De Humani Corporis Fabrica”, of Vesalius, in Three Vesalian Essays 1952, pp. 1-24.

552.

Vesalio, che all’epoca era ancora professore di anatomia a Padova (lo sarà fino al 1542) aveva partecipato in prima persona al disegno di almeno tre delle Tabulae anatomicae sex, intagliate dal Calcar, che in una di esse viene citato, anche se può sembrare strano, come finanziatore dell’opera. In un cartiglio, alla bese del tronco raffiguratovi, si legge : “Imprimebat Venetiis B. Vitalis Venetus sumptibus Ioannis Stephani Calcarensis. Prostrant vero in officina D. Bernardi. A. 1538”. Nella sua lettera dedicatoria, il Vesalio spiega che le prime tre di queste tabulae riproducevano i disegni fatti da lui stesso ad uso dei suoi studenti e dei suoi colleghi : “Poiché molti hanno tentato invano di copiare le mie figure, ho pensato di darle alla stampa, anzi ne ho aggiunte delle altre, ove Jan Stephan, eminente artista del nostro tempo, ha raffigurato con molta precisione in tre diverse pose lo scheletro che recentemente ho costruito ad uso dei miei studenti”. Cfr. Muraro-Rosand 1976, p. 124.

553.

Il manuale del Gersdorf, pubblicato per la prima volta a Strasburgo da Johan Schott nel 1517 é uno dei primi libri di chirurgia di un certo valore scientifico scritti in una lingua volgare, in cui le operazioni vengono spiegate e descritte in maniera ben più realistica e precisa rispetto al dogmatismo delle opere precedenti. Il trattato del Gersdorf é corredato da 23 xilografie, di notevole qualità, attribuite a Hans Wechtelin, allievo di Hans Holbein il vecchio e attivo principalmente a Basilea. Le undici edizioni apparse fino all’inizio del XVII secolo testimoniano l’immenso successo del Feldtbuch der Wundartzney: dopo la princeps, in tedesco, seguirono altre tre edizioni, sempre a Strasburgo (1526, 1540, 1542) e altrettante apparvero a Francoforte (1551, 1598 e 1604). Della versione latina, con il titolo De chirurgia et corporis humani anatomia, si contano due edizioni, una a Strasburgo nel 1540 e una a Francoforte nel 1551. Se ne conoscono anche due edizioni in olandese (Amsterdam, 1593 e 1622). Cfr. Histoire de la médecine 1964, pp. 150-2. 

554.

Per questo aspetto, cfr. cap. II.1

555.

Si noti di sfuggita come questa raffigurazione sia da far risalire all’iconografia del Cristo come – appunto – vir doloris, o « passionato », ovvero trafitto dalle cosiddette arma Christi - tramite cui, facendo appello all’emozione del fedele con il risaltare la bellezza del corpo umano ferito, si cercava soprattutto di stimolare la pietà. « Martirizzare » i sentimenti dello spettatore servendosi di tali dettagli grafici e ripugnanti sembra in effetti corrispondere a un tipo di sensibilità – la devotio moderna - che fiorì nei paesi nordici alla fine del Quattrocento e che ebbe grande diffusione in tutta Europa. Cfr. E. Barbieri, Un apocrifo nell’Italia moderna : la « Epistola della domenica », in Monastica et Humanistica. Scritti in onore di Gregorio Penco O.S.B., a cura di F. G. B. Trolese, Cesena, 2003, pp. 717-732 : 725.

556.

Nella Francia del Cinquecento, Lione detenne il ruolo di capitale dell’editoria (anche) medica , non solo su scala europea, ma soprattutto su scala nazionale, dal momento che proprio qui apparvero le prime opere del genere in lingua francese. La rigogliosa attività editoriale della capitale transalpina vi richiamava infatti, nonostante l’assenza di un’Università, i più importanti luminari dell’epoca, facendo di Lione una vera e propria sede di consessi e stimolando di conseguenza, il sorgere di una fiorente attività ospedaliera. Tra i molti editori locali impeganti a rifornire il mercato di opere di medici antichi e contemporanei, Guillaume Rouillé fu certamente il più prolifico: le sue più di 160 edizioni a soggetto medico rappresentano il 20% della sua intera produzione e il 18% di quella totale lionese, cfr. Andreoli 2004, p. 87. Per Rouillé, figura centrale della produzione di « figurati », cfr. cap. III.32

557.

Nell’edizione del 1547, le dieci illustrazioni si trovano a cc. 151-152; 161-164; 358; 370; 372; 374. Rouillé ripubblicò il De chirurgica institutione libri quinque nel 1549 (cfr. Baudrier 1964, IX, pp. 135 e 160) e nel 1560 (non in Baudrier).

558.

Cfr.cap. III.3

559.

Cfr. cap. III.3 e scheda 2