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[Simolachri, historie, e figure della morte]

Simolachri, historie, e figure de la morte, ove si contiene, la medicina de l’anima utile, e necessaria, non solo a gli ammalati, ma a tutti i sani. Et appresso, il modo, e la via di consolar gl’infermi. Un sermone di S. Cipriano, de la mortalità. Due orationi, l’una a Dio, e l’altra a Christo de dire appresso l’ammalato oppresso da grave infermità. Un sermone di S. Giovan Chrisostomo che ci essorta a patienza, e che tratta de la consumatione del secolo presente, e del secondo avenimento di Iesu Christo, de la eterna felicità de giusti, de la pena, e dannatione de rei; & altre cose necessarie a ciascun Christiano, per ben vivere, e ben morire.

In Venetia, appresso Vincenzo Vaugris al segno di Erasmo, 1545

Cc. A2r-A4r: Al magnifico, et honorato signor mio, il signore Antonio Calergi :

“Non già perché io mi imagini con le imagini della oscura Morte dar vita, et isplendore al vostro splendido, et vivo nome, ma perché elleno da lui prendano vie piu maggiore vivezza, et isplendidezza di quello, che hanno: vi fo dono di loro. Imperoche se la cosa da se é ben degna; et le cose degne si deono donare a persone degne, a cui potrei io donarla, che ne fusse più degno di voi ? E’ degna et per rispetto della grandezza del soggetto, che é delle Imagini della Morte, et della Medicina della anima et anchora in qualche particella (senza arroganza parlando) per rispetto mio. Per la grandezza del soggetto, perche le cose grandi sogliono da noi essere chiamate terribili et qual cosa é più terribile, che la Morte ? onde, l’ultimo di tutte le cose terribili é la Morte. Oltre cio, non disse Platone, che la Philosophia (dando egli di questa la diffinittione) era una contemplatione della morte, cio é una divisione, o separatione della anima dal corpo, overo (per dir la cosa piu chiara, accioche non incorressimo noi nel simigliante errore, che incorse Cleombroto, il quale, non intendendo cotal diffinitione, a capo giù si lasciò cadere dalla cima di una torre) dalle cose corporali. Conciosia che la morte é di due maniere (lasciata da parte la vera, che é la dannatione eterna, sendoche delle altre due ciascuna é ombra di morte, non vera morte) l’una naturale, alla quale tutti siamo soggetti, et sottoposti (ecco che inavedutamente sorge un altro argomento, che chiaramente dimostra la grandezza di lei: percioche se ella ha tanti soggetti, in che modo puo essere se non grande ?) quando il corpo si separa dall’anima: l’altra, volontaria, quando per elevation di mente si separa, o si ritira in se l’anima dal corpo, o da le cose corporali, come già sù é stato detto. Et questo basti brevemente quanto al soggetto delle Imagini della Morte. Quanto veramente alla Medicina de l’Anima (non facendo io pur motto degli auttori, come é Cipriano Chrisostomo, et c. che sarebbono per far tener qual si voglia opera non pur degna, ma anco dignissima) é ella quasi posta allo incontro, et dirimpetto alla Morte. Imperoche non potendo trovarsi rimedio alcuno, che dia vita perpetua al nostro corpo mortale, giusta cosa é che si dia opera in procacciare medicina, che provegga alla salute della anima, che é immortale: et che si come a quello, mentre é congiunto con questa, non si manca del suo cibo carnale, così parimente à questa, mentre é congiunto con quello, si supplica del suo spirituale: accioche infermando, come tuttavia inferma per i travagli continui, et assalti che d’ognintorno dalle Sirene del mobile, et tempestoso mare di questo mondo, volendo fuggirsene, trovandosi bn preparata, possa ispedita, leggiera, et presta ricovrarsi nel seno di quel saldo, et immobile scoglio, dove chiunque va a prender porto non ha dubbio ne di rompere, ne di perire. E se la Medicina, che tratta della salute del corpo, della qual voi per essere di si debile, et gentil natura, che ogni poco di più, o di manco vi nuoce, par che habbiate alquanto di mestiere, pure sete talmente, si nel vostro vivere, come in ogni altra vostra attione, temperato, regolato, et moderato, che poco vi fa bisogno; se la Medicina dico, che tratta della salute del corpo é tenuta in tanto pregio, in tanta stima, et cotanto degna, quanto maggiormente dee tenersi quella, che tratta della anima ? Sendoche tanto é più degna la cosa, quanto ha piu degno soggetto che non sia tanto piu degno il soggetto dell’anima, che quello del corpo quanto é quello infinito del finito, et lo immortale del mortale, non mi si da a credere, che si ritrovi huomo di si poco sentimento, che havesse ardire di negarlo. Hor questo per rispetto di tutto’l soggetto. E’ degna, dico, in qualche parte per rispetto mio, et cio dico senza arroganza, come é detto. Conciosia che io non ho perdonato a spesa veruna, si in far leggiadramente, et sottilmente dissegnare, et intagliare le figure non pure eguali, ma (come io stimo) di gran lunga migliori, piu vaghe, et piu belle di quelle di Francia, dove, et nella cui lingua prima et non meno ivi medesimo dopo nella latina anchora, furono stampati i versi, che per titolo soprastanno, et sottogiacciono a ciascun quadro delle figure, come anche et in far fare i versi nella lingua Italiana, imitando in questo la loro prima impressione, et parimente in far tradurre nella medesima lingua Italiana la Medicina dell’anima: nel che tutto non é stata usata punto minor diligenza, che nel dissegno, et nello intaglio delle figure. Rimane solo hora, (onde possa io poi con verità dire, che la cosa sia da tutte le parti, per picciola di fogli, ma grande di sostanza, la più bella, la piu vaga, et la piu degna, che anchora sia uscita dalle stampe) che degnandovi voi d’accettarla, vi si aggiunga la degnità, et l’ornamento del vostro degno, et ornato nome : che se bene ella é talmente ornata, che non ha mestiere dell’altrui ornamento, nondimeno voi sete tale, che non che le finte imagini della morte, ma il vero essere della vita di qual si voglia cosa adorna potete adornare, solo con la bonta, che porta seco il nome Calergi. Affettionato Servitore Vincenzo Vaugris”.