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Cicero, Marco Tullio; Da Longiano, Fausto

Le Tusculane di M. Tullio Cicerone recate in italiano. Con la tavola nel fine di tutte le cose degne d’annotatione

In Vinegia : appresso Vicenzo Vaugris a’l segno d’Erasmo, 1544

C. 2v : A lo illustrissimo signore e patrone osservandiss. A’l sig. Hieronimo marchese Pallavicino Signore di Corte Maggiore et C. il Fausto da Longiano. Da Vinegia l'ultimo d'Ottobre 1543 :

“[...] Così sendomi in sorte capitate ne le mani le Tuscolane questioni di M. T. Cicerone donate à le muse Italiane m'ho avisato, poi ch'elle andavano vagando senza 'l nome certo de'l suo autore, di fregiarle co'l titolo del nome vostro , come che altro non conosca più degno, più illustre, più glorioso. Et in questa guisa io spero che non pure habbia à recarlosi a sdegno l'autore, se per avventura oggidì tra vivi si trova, ma s'en vada lieto et altiero, che le sue fatiche ricevino così largo honore, come lor viene da l'ampiezza de vostri honori. E poi che da la mano mia tanto beneficio consegue, ho ferma credenza, che me n'habbia a voler bene, et ringratiare appresso: et in un tratto scuoprirsi, e dire io son quello, e venire a fare riverenza a v. s. […]”

c. 144r: Il Fausto a i Lettori:

“Non fu di mio costume giamai per malizia sopprimere i nomi de gl'autori de l'opere passate per le mie mani, e meno con la conciatura di qualche parolaccia, ò clausoletta vestirmi de gl'altrui honori, levandone il proprio nome de l'autore riponendovi il mio. Questa interpretazione tale capitò in mano di M. Vicenzo Vaugris, come ne possono molti far fede. Comprendiamo però per congettura essere stata d'un gentil'huomo Fiorentino, ad istanza d'un gentil'huomo Spagnolo detto il S. Nugno Gosmano, di cui si leggevano queste poche parole in Castigliano che suonano in lingua nostra. / Pregovi, adesso si come altra volta, che mi rechiate in lingua vostra le Tuscolane di Cicerone: e non per modo parafrastico, ma per via di vera tradottione, et in quanto che la lingua il [sic] porti di parola in parola”.