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Barbaro, Daniele; Ruscelli, Gerolamo

Della eloquenza, dialogo del reverendiss. Monsignor Daniel Barbaro, eletto patriarca d’Aquileia. Nuovamente mandato in luce da Girolamo Ruscelli a i signori academici Costanti di Vicenza

In Venetia : appresso Vincenzo Valgrisio, 1557

Cc.a2r-b2r: A i molto illustri, et virtvosissimi signori, i signori academici Costanti, in Vicenza, Girolamo Ruscelli, In Venetia, il di III d’Aprile 1557 :

“[...] Et si come s’é detto dell’età d’un’huomo, et di quelle d’una famiglia in se stesse, che ove non sia mancamento nella natura, vengon sempre crescendo in perfettione, et avanzando se stesse ne gli essempi loro, cosi da gli effetti, che fin qui se ne veggono, si può far sicuro giudicio, che sia per avenir felicissimamente di questa Academia. Laquale se in questo non terrà fermo con gli effetti quello che promette col nome suo, cioè che non sarà costante in mantener sempre uno stato di splendore et di gloria, ma verrà di continuo crescendo et migliorando, si lo terrà ella fermo et osserverallo pienamente in esser costante et salda nella degna et santa intention sua di far questo effetto, che s’é già detto, cioè di venir sempre tenendo gloriosa contentione con se medesima per avanzarsi di virtù et perfettione di giorno in giorno. Di che questi pochi mesi, che appena circoscrivono la prima sua fanciullezza si sono veduti, et si veggono tuttavia principii d’effetti tali, che si possa da quelli venir’argomentando, che in processo di tempo s’habbia si fattamente a diffondere lo splendor suo, che sia per portarsi a gli occhi et all’orecchie di tutte le nationi, et di tutti i secoli. Percioche se primieramente si considera l’intentione, si può credere, che questo movimento di fondar questa loro Academia, non si facesse se non per divino movimento de’cieli, o’ per divino instinto, inestato nella bellezza de gli animi loro, vedendosi quaranta gentil’huomini d’una stessa città, tutti nobilissimi, tutti virtuosi, tutti valorosi, tutti amati et riveriti universalmente, esser mossi ad unirsi insieme, et a fondare un’Academia, nella quale non si faccia altra cosa, che essercitii virtuosi et nobili, cosi nell’arme, come nelle lettere, nella musica, et in ogn’altra onorata professione, et degna d’onoratissimi et di virtuosissimi Cavalieri. Et oltre all’esser ciascuna di loro per se stessa virtuosa et intendente d’ogni forte di virtù illustre, nondimenohaver condotti con onorati partiti tanti rari huomini in lettere, in arme, in pittura, et in musica, che già habbiano oltre a sei cento scudi d’oro di salariati ordinarii, fuor del numero de gli Academici; et tuttavia sieno in pratica et in maneggio di condurvi de gli altri, i più famosi che sia possibile. Nel che saria cosa indegna di tacersi per verun modo, che essendo le signorie vostre questi mesi a dietro in deliberatione tra loro di condurre un litterato di chiaro nome, et insieme di far recitare una Comedia per l’anno che già camina, si vide nascere incostanza et dissentione importante nella bellissima union loro. Percioche essendosi dal primo, a’ chi tocco’ il proporre, specificato un certo numero di denari, che si dovessero spendere nella Commedia, et deputar per salario del litterato, quantunque l’una et l’altra somma o’ quantità di denari che egli disse, fusse molto onorata et sofficiente per tali effetti, non si vide pero’ alcuno de gli altri, che l’approvasse, et che nel rispondere et dire i pareri, non osser tutti diversi et differenti l’uno dall’altro. Laqual dissentione o’ differenza fu solo in andar ciascuno di mano in mano crescendo il numero di quei denari, che gli altri avanti a’ lui havevan proposto, che dovesse deliberarsi. Il che s’intende avenir sempre tra loro in ogni deliberatione di cose onorate, che si proponga di voler fare. Tacerò quella bellissima pompa della Messa, che fecero celebrare l’ottava della Pasqua, alla quale é già vicinissima a tornare l’anno, che fu il di primo della fondatione della loro Academia, nella qual celebratione cosi nell’apparato, come nei vestiti loro, nelle musiche, nelle imprese, et in tante altre cose rare, si vide tanta bellezza di giudicio nell’inventione, et tanta splendidezza et magnanimità loro, che da ciascuno, che n’hebbe notitia, si cominciasse da quella Aurora a far degno giudicio, quale doverà essere nella perpetuità del suo mezo giorno lo splendor suo. [...].