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Vico, Enea

Le imagini delle donne auguste intagliate in istampa di rame; con le vite et espositioni di Enea Vico. Sopra i riversi delle loro medaglie antiche. Libro primo.

In Vinegia : appresso Enea Vico parmigano et Vincenzo Valgrisio, all’insegna di Erasmo, 1557.

Cc. a2r-a3r: Al Reverendis. et illustriss. signore, il S. Hippolito da Este, cardinale di Ferrara, & mio Signore osservandissimo, di Vinegia, alli VIII d’Agosto 1557. Di V.S.R. Servidore humiliss. Enea Vico:

“Havendo io deliberato Reverendissimo, et Illustrissimo Mons. quanto per me si potesse giovare in qualche parte al mondo (sperando poi per tale opera riportarne il dignissimo premio dell’honore) mi sono posto con tutte le mie forze a dimostrare in disegno le vere imagini delle donne Auguste, et insieme a scrivere le vite loro con brevità, et con quella libertà di stile, ch’esse vivendo operarono (non mi parendo in ciò haver mal fatto, essendo tanto piu degna di fede la historia, quanto, che in alcuna cosa non si ha rispetto a scrivere il vero) et dichiarare i riversi di quelle medaglie, che per darle honori, dal Senato, et dal Pop. Romano, per volonta de’Prencipi, furono fatte. La quale fatica, se vero è, che la historia sia luce della verità, nuntia delle cose antiche, et maestra, et regolatrice della vita humana, non dubito punto per i molti, et notabili essempi, che ci si trovano, non dover essere altrui di diletto, et utilità grandissima; conciosia cosa, che i volti sono messaggieri de’ cuori, et per quelli molte volte si giudicano i costumi, et le nature degli huomini, rade volte avvenendo, che alle fattezze si quelli, non siano ancora corrispondenti le parti dell’animo, si come chiaramente ci dimostrano, Aristotile nella Phisionomia, Platone nel convivio, et in piu altri luoghi, et Homero nel suo Thersite, essendo ciò confirmat; o dalla continua pratica, et esperienza, che si ha degli huomini. Ma chi non comprendera nel volto di Cesare la grandezza del suo animo gia conosciuta da Silla Dittatore? La benignità, et prudenza in quello di Augusto? la modestia in Tito, la Santità in Nerva, et la bonta in Traiano? Appreso ne gli occhi sue, chi non giudicherà la pazzia di Caio, la sciocchezza di Claudio nella presenza; nel fronte, et nelle ciglia la crudeltà di Nerone, et in ogn parte la crapula di Vitellio? Chi non conoscerà la eccellenza di Livia Augusta, la prudenza, et la castità di Antonia, l’honestà di Agrippina moglie di Germanico, et di molte altre, che lungo sarebbe il ricordarle? Dalle quali cose si può agevolmente far giudicio della qualità di quelle persone, che si hanno a praticare, et haver scelta di quello, che s’ha da lasciare, o da pigliare per reggimento di se stesso, et d’altri (ancora che talvolta avvenghi in qualche uno altrimenti, essendo la virtu superiore al vitio, come in Esopo, il quale fu difformissimo, et in Socrate, la cui Phisionomia essendo brutta, fu egli per quella giudicato esser huomo ribaldo; ond’egli confessò la natura sua esser tale, ma, che con l’uso della virtù s’haveva convertito in contrario) essendo le imagini, et la historia, come uno lucidissimo specchio, che ci rappresenta tutto quello, che seguire, o fuggire si debbe. La onde havendo io lungamente pensato, a chi dovessi consacrare questa mia fatica di donne tanto alte, et illustri, che a lor voglie disponevano i Rettori del mondo, et signoreggiavano, a chi l’universa terra reggeva, da ogni parte continuamente sentendo predicare le infinite virtu di V. S. R. et Illustriss. mi sono deliberato di dedicarlo al Tempio delle sue virtu, acciò che si conosca haver io in materia di antichità osservato il costume degli antichi, che era di dare le primitie alli Dei protettori di quelle cose, che gli erano donate; et invocare similmente il nome di Giove, o il soccorso di qualche altro Iddio. Il che tanto piu mi pare dover far io chiedendo il vostro favore in questa mia bassezza, quanto che le Deità di quelli erano false, et la vostra è piu certa, essendo V. S. per se stessa degna, et prossima a quella altezza, et singular dignità, nelle cui mani è la possanza divina sopra tutti gli huomini. Ricorro adunque a voi chiamando il vostro nome, o Reverendiss. et Illustriss. Signor Hippolito, fermo, et unico sostegno di tutte le arti, et di tutte le scienze, et specialmente dell’antiche memorie, et della eternità del nome Romano. Il perche V. S. Reverendissima con la sua solita humanità, et gintilezza, non isdegnerà di ricevere questo mio dono, ch’io le dedico, et la mia divotione insieme, piccol al grande animo vostro, ma grandissimo al desiderio infinito, ch’io ho di far per lei cosa, ch’io mi conosca degno della gratia, et protettione sua, alla quale con ogni debbita riverenza bacciando le honoratissime mani, humilmente mi raccomando. Di Vinegia, alli VIII d’Agosto 1557. Di V. S. R. Servidore humiliss. Enea Vico”.