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Erizzo, Sebastiano

Discorso di Sebastiano Erizzo, sopra le medaglie antiche. Con la particolar dichiaratione di molti riversi, nuovamente mandato in luce.

In Venetia : nella bottega Valgrisiana, 1559

Cc. a2r-a7r: Al serenissimo, et sempre feliciss. Sigismondo Augusto re di Polonia, & c. Girolamo Ruscelli, di Venetia, il 4 Marzo 1559:

“Di tutte le nationi di tutto il mondo qulle più si veggono hauer fatte cose gloriose per ogni parte, che più sono parimente state diligenti, et sollecite in procurar di lasciarne memoria per tutti i secoli. Di che per non portarcene in lunghi discorsi ci può far pienissima fede il vedersi, che (lasciando di porvi in conto il popolo Ebreo, de’ cui gloriosi fatti fu sempre autore Iddio) niuna natione, et niun Principe si legge hauer fatte cose più degne d’eterna gloria, che quelle stesse, le quali si veggono hauer posta tanta cura di tenerne viva la lor memoria con le statue, et molto più poi con le medaglie, come quelle, che à essi parvero per molte ragioni molto più atte a perpetuarsi. Di che l’esperienza stessa ci fa chiari, vedendosi che per una statua de’ tempi antichi che oggi s’habbia, sono molte et molte medaglie per tutto il mondo. Et è degna cosa di consideratione, come in tanta lodevolissima ambitione di quegli animi nobilissimi, et in tanto lor desiderio et studio di perpetuarsi nella memoria di tutti i posteri, essi non ritrovassero già mai le stampe, potendo pur molto bene far come sicuro giudicio, che i libri delle loro istorie, o poesie convenendosi trascriver d’uno in altro, convenivano distendersi in pochi, et conseguentemente correr sommo pericolo di perdersi nel processo de’ tempi, et nell’alterationi delle cose del mondo ; essendo la carta così atta a patire per tante vie, et persino a consumarsi et dileguarsene la scrittura in gran parte da se medesima. Ma questa grande, et veramente miracolosa invention delle stampe da poter così acconciamente far tanta copia di libri, et reiterargli poi di tempo in tempo, in modo, che più in un mese se ne diffondano per tutto il mondo, che di quei loro scritti a penna non se ne faceva in molt’anni, tengono alcuni di bel giudicio, che si riservasse dall’infinita benignità di Dio, per questi nostri tempi migliori, quando si vede esser venuto nel colmo della perfettion sua, il soggetto vero della vera gloria. Percioche in effetto tutti quei gran Re, et quelle potentissime nationi, che sono state avanti l’Incarnatione del Signor nostro, sì come hanno mancato del vero lume della fede, così é stato parimenti necessario che mancassero non solamente de i frutti, ma ancora degli effetti della vera gloria ; vedendosi che essi peccavano stranamente nella diffinitione et nella conoscenza di quella ; poi che la ponevano nel far cose grandi, et nel soggiogare altrui, con qual si voglia mezo o via, che più loro venisse in taglio. Ma perche qui forse diranno alcuni, che questo desiderio, et questo studio di tener viva la memoria de i fatti gloriosi, et alti, poté comportarsi in essi, i quali, come é detto, mancavano del lume della fede, et eran tutti dicontinuo impiegati nelle cose terrene ; et che à noi Cristiani questo pensiero sia illecito, o si disconvegna, io per chi peraventura potesse da ciò sgomentarsi, non resterò di ricordar brievemente, che questi tali così dicendo s’ingannerebbono grandemente. Percio che se essi faranno vera diffinittione qual sia, et si debba dir vera gloria, troveranno, che sì come l’operationi, et gli effetti, dond’ella nasce, sono et leciti, et debiti, et santi, così parimente non sia non solamente lecito, ma ancor conceduto per dono di Dio, et come per premio de’ suoi meriti il conseguirla. Onde di bocca propria Iddio promette ad Abramo nelle sacre lettere di benedirlo, et di stendere et magnificare il suo nome. Et la santissima, et umilissima vergine madre del Signor nostro si gode santamente in stessa, et col mondo d’haver’ ad esser detta beata in ogni generatione di ciascun secolo. Potendo noi dunque considerare, che la somma bontà di Dio nel guidar tutta via il mondo all’intera perfettion sua, habbia voluto che pur fra noi resti con l’istorie, con le statue, con gli archi, et con le medaglie viva la memoria de’ fatti illustri de’ tempi adietro, perche di quegli noi habbiamo l’essempio di che seguire come buono, che fuggir come cattivo, et che migliorar noi come già illustrati del lume della fede, et della conoscenza della vera gloria, possiamo parimente considerare, che habbia voluto oltre al modo delle statue, et delle medaglie materiali, che é commune anco a noi, concederci questa bellissima, et importantissima via da far non solamente viver le memorie delle cose nostre et degli antichi per questa miracolosa via delle stampe, ma ancora le medaglie stesse, le quali non solamente in oro, et in argento per l’insatiabile ingordigie umana si veggono a tanto scempio d’esser disfatte, ma ancora in rame, o in bronzo per la difficoltà di potersene batter molte, si veggono tanto ridutte a poche, che in tutto il mondo si tengono già in tanta stima, che una d’esse in tal metallo vile si paghi da i gran Principi, o da quei che se ne dilettano, a molti doppi d’argento, et d’oro. Et con tutto ciò si veggan pur tuttavia venir mancando, o sperdendosi di tempo in tempo, come aviene universalmente a tutte le cose materiali qui basso, et principalmente a quelle, che essendo fatte una volta, et in poco numero non si vengon poi rifacendo, nè rinovando. Al che pensando peraventura di voler provedere alcuni, ritrovarono in questi stessi nostri tempi il bel modo di tragittarle. Et si vede già esser arrivato tant’oltre, che alcuni di così tragittate ne fanno in tanta eccellenza, che ancora de’ buoni antiquarii si veggono con l’esperienza ingannare alcune volte nel volerle discernere dalle vere antiche. Ma perche poi finalmente questa sottil cura di voler tanto ambitiosamente far tanto conto del discernere le proprie antiche da quelle così formate da loro, è più per uan certa gloria di sottigliezza d’ingegno, et di lungo studio in tal professione, che per bisogno nè per utile all’intention principale di coloro che le fecero già battere, et di chi ora si vuol valere d’esse, sono stati alcuni più nobili ingegni, i quali doppo l’hauer’ ancor’essi fatto molto studio in questa cognitione, la qual s’è detta, et nel raunarne in quanta maggior copia lor sia possibile, et saper giudicare dell’eccellenza de’ maestri che le fecero ; de’ metalli in che son fatte ; delle lor vernici, et d’ogni altra tal circostanza di cotal nobilissima professione, hanno poi principalmente atteso a quello, che dee tenersi per propria intention sua, cioè a cavar da esse la cognitione et l’utilità dell’istorie ne i tempi, ne i modi, et nelle occasioni perche furon fatte. Il che si trae principalmente da i lor riversi. Ma perché in sì breve spatio di luogo, come é quello del riverso d’una medaglia, quei grandi huomini furon forzati di ristringere in pochissime figure e lettere l’intention loro, se ne é veduto fin qui, che la maggior parte di coloro, che hanno atteso a questa leggiadrissima professione dell’antichità, et massimamente delle medaglie, et n’han tolto ancora con le scritture a dar luce altrui, si son fermati nelle teste sole, et se pur’alcuna cosa han toccato de’ lor riversi, é stato tanto brievemente et delle più note, et più leggiere ad intendersi, che ne vengono ad haver più tosto finito d’accendere, che spento o quitetato il desiderio di coloro, che n’hanno dilettatione o gusto. La onde io, che lungo tempo sono stato vaghissimo [c. a4v] di questa così degna professione, et da già molt’anni hauendo praticato se non tutte, la maggior parte delle città et delle persone principali dell’Europa, hauendo questi mesi adietro ueduto, che quel chiarissimo gentil’huomo, il quale é Autore di questo libro, sì come nell’hauerne gran copia, et delle più eccellenti, et rare, che forse s’habbiano molti altri, et antiquarij, et Principi insieme, così parimente nell’hauer d’esse, et d’ogni lor circostanza una somma et per certo rarissima cognitione, si uede essere stato stato non men fortunato, che sollecitissimo et diligente ; et hauendomi egli per sua molta cortesia mostrato un Discorso intorno à questa cosa delle medaglie, con un raccolto di molte interpretationi di riuersi, che egli non per altro che per suo essercitio et per se medesimos’era uenuto facendo nel processo de’ suoi studij di uolta in uolta, io trovando il Discorso, et le dette interpretationi così bello, et di tanta eccellenza, quanto ancor cosa che da moltissimi altri insieme io non habbia potuto ueder fin qui, gliene domandai la copia in dono, sì per hauerlo per me medesimo, sì ancor certamente con animo di farlo trascriuere in bella lettera, et mandarlo poi a donare alla felicissima Maestà Vostra, alla quale mi rendeua sicuro, che douesse esser gratissimo per ogni parte. La qual gratia il detto gentil’huomo mi fece così subito, et così lietamente, come la benignità della sua natura l’ha sempre mosso à farmene ogn’altra, ch’io n’ho voluta. Et principalmente mi fece questo dono così volentieri, intendendo che io disegnava di farne poi parimente dono a Vostra Maestà, alla quale egli per infinite cagioni, et principalmente per conformarsi con l’animo in universale di tutta questa felicissima sua Repub. Mostra di portar quella somma riverenza et devotione, che le debbono portar tutti i virtuosi, tutti i buoni, et particolarmente tutti i veri et onorati italiani. Ora essendo io in pensiero di far trascriuer quel libro in bella lettera, et conuenendoci far dipingere le figure de’ riuersi di quelle medaglie, che in esso son dichiarate, traendole dall’essemplar vero delle medaglie antiche, sono da molti stato consigliato, che io con vna istessa fatica, et con vna stessa intentione haurei potuto sodisfare, et far beneficio à tutto il mondo per questa et ogn’altra età, col dar’in publico questo libro ; et conseguentemente farne maggior servigio alla Maestà Vostra, come quella che in ogni cosa sua facendo conoscere la grandezza del suo bell’animo, doverà pienamente aggradire, che sotto l’ombra sua, et a sua contemplatione i più rari ingegni, et i più veri Principi per ogni tempo habbiano da haver commune quel dono, che per degno per et eccellente io disegnava di far’ a lei sola. Le quai persuasioni essendomi state fatte e replicate da molti miei onorati amici, et signori, tutti di molto giudicio, et tutti devotissimi del nome della Maestà Vostra, han potuto in me tanto, che senza indugio ho dato il libro all’honorato Messer Vincenzo Valgrisio, il quale con le sue bellissime stampe, et con l’opra de’ più diligenti disegnatori che possano hauersi, la facesse vscir fuori con quella maggior perfettione anco in questa parte, che sia possibile. Il che vedendosi con la gratia di Dio già fatto felicemente, io si come il libro fu da principio destinato a Vostra Serenissima Maestà, così lo fo ora uscir in publico sotto l’onoratissimo et da ogni parte gloriosissimo nome suo. Nel che vengo a rendere ancor qualche parte di gratitudine al gentil’huomo Autor d’esso, che me l’ha donato. Percioche alla somma importanza, et alla nobiltà del soggetto del libro, all’eccellenza, et perfettione con che é trattato, allo splendor del sangue, et sopra tutto delle rarissime virtù dell’Autor suo, parea pure, che, per farlo in ogni parte gratissimo al mondo, si dovesse mandar fuori sotto l’ombra di Signor tale, che ad ogn’una di dette parti aggiungesse perfettione et felicità con lo splendor suo. Et in questo io, che pur non debbo per l’altrui dimenticarmi l’interesse di me medesimo, conosco, et spero fermamente d’haver’ ad acquistar’ ancor molto nell’opinione, et nella benevolenza di ciascuna persona chiara in ogni luogo, et per ogni tempo. Ma convenendomi sopr’ogn’altro in questa intention mia d’haver riguardo all’animo della Maestà vostra, io mi rendo pienamente sicuro, che ella debba ricever da me questo dono, et quella devotissima inclination d’animo con tutta quella benignità, con che ella é solita d’aggradir non solamente gli effetti, ma ancora il solo desiderio di servirla in chiunque sia. Et quantunque la grandezza dello stato et del valor suo la facciano lontanissima da ogni bisogno d’onore, nè di gloria, nè di servigio altrui, tuttavia essendo i veri et ottimi Re viva et animata imagine di Dio, non si dee se non credere, che à sua simiglianza aggradiscan sempre con somma clementia la devotione et la fede, che i servi loro sono sforzati per sodisfare a se stessi di dimostrare o con qualche semplice offerta, o almeno nella lingua o nelle scritture, lodando et magnificando il lor nome. Et essendo poi questo libro in soggetto così nobile, che contenga l’istoria, et gli essempi di tanti gran Re, et Imperatori, et altre persone chiarissime, io debbo sicuramente sperare, che un tanto Re, come é la Maestà Vostra, così magnanimo, et così amator d’ogni sorte di virtù, et di professione onorata lo debbia haver gratissimo sopra ogn’altro dono, che qual si voglia altro gran Principe delle più care gioie, o tesori suoi potesse farli. Nel che posso ancor degnamente metter’in consideratione che sia per farglielo molto maggiormente più caro l’esser questo libro stato composto, et donatomi da un si chiaro et virtuosissimo gentil’huomo di questa nobilissima Republ. la quale se per la somma sua giustitia, se per l’infinita benignità con ciascuno in universale, se per essere il sostegno, et lo splendor vero d’Italia, et conseguentemente, con la santa libertà sua, comodissima et ugualissima a tutta la Christianità, se per la somma carità, et bontà sua con tutti i giusti e veri Principi, se per tant’altre altissime cagioni è mata et riverita da tutti i buoni universalmente, si sa dover’esser molto più che da ogn’altro dalla Serenissima Maestà vostra in particolare, sapendosi parimente quanto questo santissimo Dominio le sia stato sempre affettionatissimo et devotissimo, et quanto habbia procurato di mostrarlene sempre veri, et vivi effetti con ogni via. Et oltra a tutto ciò, essendo questo libro in lingua Italiana, io sommamente godo di questa felicissima elettion mia d’haverlo dedicato a Vostra Maestà, et fattolo andar’in luce sotto il gloriosissimo nome suo. Percioche io posso esser come sicuro d’haverne in ciò fatto cosa sommamente grata a tutta l’onoratissima natione Italiana, come quella, la quale nella felicissima Maestà vostra pretende di partecipare et conservar lo splendore, et la gloria della dignità regia, essendo lei nata di sangue Italiano, et quello che più importa, mostrandosi di continuo affetionatissima, et amantissima della lingua, de i modi, et delle persone d’Italia in sì fatta guisa, che la nobilissima et valorosissima nation di Polonia, sì per conformarsi anco in questo con l’animo di Vostra Maesta, che essi amano, et l’adorano non solo come Re, ma come vero Dio loro in terra, sì ancora per natural bontà et vera gentilezza di sangue di essa nation Polacca, si fa conoscere amatrice sopr’ogn’altra della nostra Italia. Ma perche di vostra Serenissima Maestà, et ancora della detta gentilissima nation Polona a me é accaduto di scrivere a lungo in alcune mie opere, ove molto più conviene, che nel ristretto d’un epistola dedicatoria, mi resta solamente a soggiungere, che se questo bellissimo [c. a7r] libro sarà così benignamente aggradito dalla Maestà Vostra, et conseguentemente dal mondo, come noi speriamo, potrà esser forse, che in brieve l’Autor d’esso segua di dare in questo suggetto molt’altre cose sommamente desiderate da i begli ingegni, et che io con molti altri siamo per farci carissimi et chiarissimi al mondo con lo studio et l’intentione di produr frutti, che dalle persone eccellenti, et giudiciose non sieno giudicati indegni di pubblicarsi sotto l’ombra del nome d’un tanto Re, nel quale per commune giudicio oggi gloriosamente risplende in colmo la giustitia, la pietà, la clementia, la dottrina, il valore, la benignità, la magnanimità, et la bontà vera per ogni parte Di Venetia, Il dì 4 Marzo 1559”.